Ci sono incontri fulminanti, talvolta.
Boris Vian, ad esempio, e
La schiuma dei giorni.
La meraviglia del surreale che dice più del reale.
(un libro pieno di musica, disse de L'Écume des jours una mia amica, e nonostante la cupezza finale,
c’è una voglia irresistibile di vitalità, un vitalismo sfrenato e dolce, melanconico talvolta)
Il Mar delle Blatte e altre storie è una raccolta di racconti visionari e
surreali scritti da Landolfi.
(Il realismo magico, eco scolastico rimbombante)
Mi sarebbero dovuti piacere assai.
Invece c’è qualcosa di cattivo, in questi racconti di Landolfi.
(non tutti i fulmini fulminano)
Una sorta di inettitudine e di banalità che esige nella
vendetta, anzi, nel desiderio di vendetta , il proprio riscatto.
Questa è la sensazione che ha dominato la lettura, unita
alla convinzione che in queste storie imperi una affatto sottile misoginia, declinata in
tutte le forme del simbolico e del
visionario.
(per non parlare del fastidioso prurito, e l’orrore che uno
scaraffone di stramacchia si potesse essere infilato sotto la maglietta, friccicando
sulla pelle con le zampe pelose)
Non mi riferisco solamente al primo racconto, Il Mar delle
Blatte, di gran lunga il più notevole (per il secondo, quello sulle nozioni di astronomia sideronebulare,
ho da fare le ripetizioni).
Penso anche al sogno dell’impiegato, dove la moglie del capoufficio, “di un’imponente venustà eppur vivace, senza dire della sua notevole
cultura”, che era tenuta per donna
inaccessibile, viene ritrovata come entraneuse
in un bordello, a chiamare pupo e cocco o bel bruno gli impiegati ivi
giunti a trascorrere allegramente la serata.
O al racconto del lupo mannaro, dove uno dei licantropi raccoglie la luna, un
grosso oggetto rotondo simile ad una vescica di strutto, appiccicosa e
molliccia ( e non lo so perché, ma ho
pensato alla luna come al femminino, ho associato quella luna vescicolare all’utero, boh) e cerca di
sopprimerlo infilandolo nel camino.
[stai fresco a voler uccidere la luna]
Nel primo
racconto, Roberto, figlio sfaccendato
dell’avvocato Coracaglina , si trasforma nell’Alto Variago, e per carpire
l’amore di Lucrezia non esita ad attraversare il mare delle blatte, capitanando
in guisa di pirata un veliero, per
giungere all’isola su un mare azzurro sotto un cielo azzurro, passando prima per il rapimento, la sfida di
seduzione da svolgersi sotto gli occhi
dell’equipaggio e del signor padre e
infine, persa la sfida (eheh), lo
schiacciamento sotto i piedi del rivale in amore.
Il desiderio di
rivalsa si concretizza in una visione
cupissima, dove il debole Roberto riesce
a imporsi chiamando a raccolta le ombre degli inferi, punendo la donna che gli
si è negata con l’umiliazione - attaccare i serpenti ai capezzoli che spruzzano
fiotti di latte, marò! - rendendo l’antagonista in amore un vermiciattolo azzurro.
Insomma, c’è del
morboso, e un morboso fine a se stesso, involuto, e assolutamente privo di ironia.
Molto meglio le due zittelle.
Anzi, molto meglio la scimia.
Se è così come lo racconti credo che Landolfi non mi avrà tra i suoi lettori. E poi a me le blatte fanno proprio schifo (per non parlare dei serpenti)!
RispondiEliminaMa via, quale biblica perversione nei serpenti attaccati ai capezzoli, per non dire della serpe al seno. Già che c'era poteva attaccarci un abbonamento a Famiglia Cristiana, sarebbe stato letterariamente più fantasioso.
RispondiEliminaAmica mia, leggerti è sempre un piacere!