domenica 26 agosto 2012

Fenici, cozze e scogli.


Oggi avrei dovuto fare clic.
Tasto su off. 
Avevo deciso. E poi no, ho controdeciso. 
Anzi, non ho mai veramente deciso un corno.
Avevo deciso prima perché costretta da una situazione, ho deciso adesso perché costretta da un’altra situazione.
Chissà quanto conta davvero il potere della volontà nelle scelte, o non dipenda piuttosto dal contorno, dal contesto, dall’entropia del caizer che manda affancapa tutti i piani e i progetti.
[Chissà quanto dipende dalla paura del cambiamento]

Una è la fenice. 
Bella la fenice, muore e rinasce dalle sue ceneri. 
Non teme che il suo sfolgorante piumaggio possa restare per sempre un mucchietto di cenere grigia,  la catarsi del fuoco la rinnova e la rinvigorisce.
Lui lo faceva sempre, di punto in bianco, cancellava tutto,  scompariva, e poi ritornava, uguale ma diverso. 
Ho sempre guardato con una discreta forma di invidia questa capacità di annullarsi per risorgere.
(Mi difetta il senso dell’eternità)
L’altra è la cozza. 
Brutta, la cozza, azzeccata allo scoglio. 
Fuori dall'acqua, la superfice opaca ricoperta di grumi bitorzoluti la rende pietra su pietra. 
Ma basta un’onda (una carezza salata, uno spruzzetto, uno scherzetto), e il nero involucro riluccica. 
E dentro, pulsa l’osceno gonfio cuore giallo.
Staccata dallo scoglio  si apre si dissecca e muore.
Non risorge, la cozza, no.

Sono proprio cozza, non fenice.

venerdì 17 agosto 2012

Google +


In vena di pariamenti internettiani (più del solito) ho pensato bene di infilarmi dentro Google +.
In che consiste e a che serva e che roba è, nonostante in precedenza abbia avuto anche un invito, non l’ho mai saputo:  mi sono gettata a pesce morto, senza sapere niente, facendo prova empirica.
E cavoli, il  coso chiede di  essere precisini precisini nell’anagrafica, il nome e il cognome, il tuo compleanno,  aò! 
Il mio compleanno mi scassa assai anche nella vita reale -  auguri! auguri!  come se il giorno prima o quello dopo fossero chissà quanto diversi -  sicchè  quel campo lì, il tuo compleanno,   avrei voluto lasciarlo in bianco.
Digito 0000: mi viene fuori la scritta rossa anno di nascita non valido.
Allora senza stare a pensarci troppo digito 2000. 
IL TUO ACCOUNT GOOGLE E’ STATO BLOCCATO.
Minchia!!! 
In un nanosecondo mi hanno resettato l’account google senza +!!
Controllo gmail: il tuo account è stato disattivato.
Controllo blogger: il tuo account è stato disattivato.
E cazz, che capa di cavolo, non ci ho pensato, lo immaginavo o non lo sapevo, no, la verità è che non ci ho proprio pensato, ho messo una data ad capocchiam,  se si ha meno di 13 anni non si può avere la mail, ho messo un anno di nascita che mi assegna 12 anni, ma che citrulla impedita, manco in forma virtuale riesco a fare imbruglitielli a mestiere. 
(Dunque tutti i marmocchi di prima media e più giù a scalare fino all’asilo sono  su feisbuc con il consenso dei genitori, o sono tanto più furbi e svegli di me da digitare coscientemente dati fasulli plausibili)
Insomma.  
Dopo un paio di secondi (forse una ventina, una sessantina) di panico assoluto, mi piego ad accettare una delle condizioni per riattivare l’account (gmail mi serve proprio, da un momento all’altro come si fa a deviare tutta la posta e chi cacchio se li ricorda gli indirizzi?)
Le soluzioni  per sboccare l’account ci sono: 
A) si manda fotocopia del documento di identità  via fax o posta elettronica (col cacchio, ci    manca solo l’impronta digitale e stiamo a posto)
B) si manda fotocopia del medesmo via posta, fino in California (come sopra più ahahahah)
C)    si effettua pagamento di 0,30 centesimi con carta di credito. 
(e già, perché bisognerebbe avere 18 anni per averne una, a meno che non sia una ricaricabile intestata a un minorenne, a meno che  non si mettano le mani nei cassetti di mammà o papà o nonna rincoglionita.)
C’è poco da fare, l’unica vera opzione per poter rimediare urgentemente all’inquacchio è la C. 
Ovviamente, oltre al pagamento con carta di credito bisogna poi dare una serie infinita di informazioni, dall’indirizzo (a cui invieranno la fattura della transazione) al cellulare.
Ben mi sta. 
La devo smettere di smanettare, anzi di cazzeggiare, ecco.


sabato 11 agosto 2012

Tre note romane


Prima nota: all’ombra del cupolone.
Certo, a mezzogiorno di ombra il cupolone ne fa davvero poca. Anzi, non ne fa affatto. 
E in una giornata afosissima di agosto,  il calore  e  i raggi solari martellanti  poco predispongono a fare la superfila per entrare in una delle proprietà dello Stato del Vaticano, San Pietro con annesso scalone.
Ricordavo il grande tempio come uno spazio aperto, aperto quanto la piazza. 
Una chiesa aperta, come tutte le altre chiese del mondo. 

Adesso la  basilica  è transennata. 
Per visitare  San Pietro ci si incolonna come pecore nel recinto (il buon pastore e le pecore, marò),  un recinto  lunghissimo che segue una ben precisa direzione di marcia: lungo il colonnato del Bernini, da destra comincia la fila, poi ci si immette nel corridoio di transenne, e  si procede lentissimamente fino ad arrivare ai  metal detector, alla fine del colonnato. 
Naturalmente, superati i controlli, si continua il percorso nel recinto. 
Le transenne che separano la piazza dal sacro suolo, tengono a debita distanza i purificati dal metal detector dal resto del mondo.
Chiossape qualche infiltrato esterno, allungando una mano, potrebbe passare  a chi è all’inteno un  Kalašnikov o una bomba a mano.
(non pazziamo proprio, in ballo ci stanno extraterritorialità e sicurezza.)
Le transenne conducono al centro dello scalone, su fino alla soglia della basilica. 
Si ritorna docili, sempre in fila indiana lungo il lato sinistro, alla ecumenica piazza.
Vabbuò, l’interno della chiesa me lo ripasso su internet. 
Però se fossi credente, e volessi entrare nella chiesa per fare preghierina, quante indulgenze mi varrebbe un simile sperpetuo?


Seconda nota: dis- suadère.

Di come  una città si debba piegare ai privilegi di una casta, un esempio marginale quanto illuminante sono i dissuasori elettronici  che limitano l’accesso alle strade che portano ai palazzi del potere. 
Non ne avevo mai visti in funzione.
Ora la mia gravissima lacuna è stata colmata.Ho visto i paletti sprofondare, e aprire il varco per lasciar passare una macchina blu.
Dissuasori atti a dissuadere dal passaggio  tranne, per quanto riguarda la mobilità a motore,  i soliti noti e ignoti.
Da soli i dissuasori non bastano, ovviamente. 
Occorrono anche un cabinotto  e tre vigili  piantati a controllo. 
(Mi sa che anche io contribuisco alla spesa, e che cazz.  Ma c’è di mezzo la sicurezza, non pazziamo proprio.)



Terza nota: il losco figuro di Castel Sant’Angelo 
Castel Sant’Angelo è una meraviglia. 
Il castello multistrato (ah, Adriano imperatore, potessi tu sapere!) offre una meravigliosa veduta di Roma a 360°,  ospita mostre e vari piccoli allestimenti espositivi, ed ha alcune stanze interamente affrescate.
Nella Sala Paolina vi è un trompe l'œil  che m’ha fatto una strana impressione.
Dissonante, ecco.
Possibile mai che sia stato aggiunto in un altro tempo e da  altre mani?
Naturalmente, da perfetta turista mordi e fuggi non mi ero documentata in precedenza e manco l’audioguida all'ingresso del complesso ho affittato, sicchè tutta la visita l’ho fatta  alla sanfrasòn.
Ma l’immagine di quel figuro  con abito nero che fa capolino dalla porta  ha continuato a fare capolino in testa e  tornata a casa – non è mai troppo tardi –  ,  mi sono messa alla ricerca di chi cosa come quando perchè.

Mano posteriore, quella di Guido Reni?


E se fosse il segretario di papa Paolo III, e non un personaggio bizzarro e stravagante, perchè cotanto onore, insieme ad Adriano e alle figure mitologiche?
Ci vorrebbe la consulenza di un esperto (oh, Grazia, di grazia!)


Da un lato ormai son sicura (sicura?) che non è il lavoro di un writer, dall’altro la convinzione dell’ inaffidabilità del web - il mare orizzontale delle incertezze -,  si è arricchita di un altro mattoncino.

martedì 7 agosto 2012

Lux Aeterna? No, grazie.


A volte si incollano proprio nella testa,  jingle  pubblicitari,   sigle di cartoni animati  (!),  motivetti delle canzuncelle  che soprattutto  nolente sei costretta ad ascoltare ( i neomelodici  oltrepassano le sottili pareti delle case in condominio).
E chiudi gli occhi e non passano, e ti concentri su altri pensieri  e non passano, e ti infili sotto un bombardamento di decibel di altro genere e non passano.
La colonna sonora del presente.
Ora è questa. E mi  inquieta.



(come  il film, l’ultimo che ho visto per intero)

sabato 4 agosto 2012

Sorrisi e misure

In un  libro come La colazione dei campioni, la parte più sfiziosa è lasciarsi andare alle divagazioni.
(Vonnegut si fa proprio prendere la mano).
Messe a parte le sintesi dei mirabolanti  racconti dello scrittore Trout,  a cui basta uno spuntino per inventare storie  fantasmagoricoscientifiche - Gilgongo! - ogni cazzatella è buona per deviare dalla storia e indurre me a impegolarmi  in una googolata alla ricerca di, oppure in varie ed eventuali.

Esempio n.1, pag. 114:

"Ecco il testo del cartello che lesse Dwayne:

NON E' INDISPENSABILE ESSERE PAZZI PER 
LAVORARE QUI DENTRO, PERO' AIUTA.

Insieme con il testo c'era anche la raffigurazione di una persona pazza. Eccola:

Kurt Vonnegut La colazione dei campioni


                     Sul petto, Francine portava un distintivo  che  mostrava una creatura in condizioni 
                     mentali più sane e invidiabili. Ecco come si   presentava quel distintivo: 

Kurt Vonnegut - La colazione dei campioni"



ma è uno smile!! Mi sono detta.
Azz, Vonnegut nel 1973 aveva già inventato lo smile! La madre di tutte le emoticons!!
E mi è venuta la curiosità di conoscere  l’origine della faccina sorridente, che comunica condizioni mentali sane e invidiabili.
Ebbene, non era stato lui, ma il pubblicitario Harvey Ball, dieci anni prima,  per risollevare il morale degli impiegati delle due compagnie assicurative.
Be happy, smile. 


Esempio n. 2, pag. 142: 

“Dwayne Hoover, sia detto per inciso, aveva un pene eccezionalmente grosso, e neanche lo sapeva: le poche donne con le quali aveva avuto a che fare non erano abbastanza esperte da sapere se rientrava o no nella media. La media mondiale era: quindici centimetri e quattro millimetri di lunghezza per quattro centimetri di diametro, quando il pene era gonfio di sangue. Quello di Dwayne misurava diciotto centimetri e cinque millimetri di lunghezza per cinque centimetri e mezzo di diametro, quand’era gonfio di sangue.
Il figlio di Dwayne, Coniglietto, aveva un pene che rientrava perfettamente nella media.
Kilgore Trout aveva un pene di diciotto centimetri di lunghezza ma soltanto tre centimetri di diametro.
Harry LeSabre, il direttore vendite di Dwayne, aveva un pene di tredici centimetri di lunghezza per cinque e mezzo di diametro.
Cyprian Ukwende, il medico nero nigeriano, aveva un pene di diciassette centimetri e mezzo di lunghezza per quattro centimetri e mezzo di diametro.
Don Breedlove, l’installatore di caldaie a gas che aveva violentato Patty Keene, aveva un pene di quindici centimetri di lunghezza per cinque di diametro."

Minchia! (ops)  Non avrei mai immaginato che ci fossero studi statistici su chi ce l’ha più lungo.
E invece. 
(il metro da sarta, ci vuole, il righello non va bene)