sabato 25 giugno 2011

Asteco e cielo

Arrassusia mettesseme 'a pece, si no pò vene vierno e ce facimmo 'a croce, e vene 'o maletiempo (...)
L'asteco è il solaio dell'ultimo piano.
Un appartamento asteco e cielo è più caldo d'estate e più freddo d'inverno, se piove è  soggetto alle infiltrazioni d'acqua.
Arrassusia, giammai, nun sia mai.

Mi piaceva andare sull'asteco, sul terrazzo condominiale a guardare i tetti e le nuvole; le strade e le genti no, quelle non si vedevano più, e anche i rumori e le voci si attutivano.
Solo tetti e cielo (e le lenzuola stese).
"Asteco e cielo" ha sempre avuto una connotazione neutra, per me. Come dire sedia, cucchiaio (no, cucchiaio no), ripiano, lavatrice.
Non aveva traslati.

Non conoscevo la canzone di Enzo Avitabile.
(nel 2002 dov'ero? Ci sono tempi in cui il mondo di fuori si ferma tutto)
L'ho trovata in un racconto della Parrella,  "mosca più balena". Niente di che, il racconto.
E  neanche  la canzone, la verità.
Però.
"Asteco e cielo, o te mine o vole"
Mi ha stravolto la percezione dell'asteco. [Non è come dire terra e cielo]
Se stai asteco e cielo,  non hai scelta.
Dall'ultimo piano, o ti butti giù o voli.
[Arrassusia.]
Asteco e cielo ora mi inquieta.







martedì 21 giugno 2011

Sogni e panze.

In famiglia c'è  un modo di dire che viene  usato quando qualcuno  decide di andare a letto saltando la cena.
"e mò ti suonn  'a marunnella".
Non so se questa espressione abbia una diffusione più larga del ramo familiare paterno.
"M'aggio sunnato 'e marunnelle" lo diceva al risveglio  lo zio Vittorio.
Le visioni mistiche erano strettamente correlate alla  panza vacante  che brontolava per i morsi della fame.
Si svegliava al mattino e raccontava di aver sognato la madonna che gli parlava.
(Ci si consola come si può)

Non ricordo mai i sogni. Quasi mai.
Oggi ne ho fatto uno.
Sono su una bici. Piccola, assai piccola (quasi un triciclo senza rotelline laterali). Corro in strada per andare dove non so, le auto  mi sorpassano veloci, quasi sfiorandomi. E poi non ricordo, c'è  un vuoto.
(Pellicola bruciata)
Sempre con la bici ritorno indietro, a casa.
Ma casa non è casa mia. Ho un letto - nel sogno lo so - in una stanza di un ospizio, in un fatiscente palazzo.
Non è facile arrivarci, da ogni vicoletto stretto stretto (ma stretto stretto come  cubiculo) spuntano anziani  in pigiama sulle bici. Temo di investirli con il mio triciclo senza rotelle.
Mi porto il triciclo giù per le scale,  la stanza che condivido con una vecchietta allettata è in uno scantinato.
Sto per entrare, ma mi accorgo che l'ospite  della stanza adiacente si è infilato nel suo letto.
Oh oh, penso, e faccio marcia indietro, e mi trovo davanti un altro  decrepito coinquilino, in pigiama, naturalmente.
Mi guarda.
E io adesso? - mi dice.
(...)
Mi sveglio.
(giusto in tempo, bocca secca e asciutta).

Ieri sera ho mangiato decisamente troppo.
Devo assolutamente iniziare la dieta.


mercoledì 15 giugno 2011

Il seccatore

*"Il seccatore è necessariamente un uomo, un maschio."

[Ha ragione, Carlo Emilio Gadda.
Nel negozio, oltre al commesso, c'è un altro cliente.
Ciao - mi dice esponendo una cerniera dentaria a 180° - ti ricordi di me?
Mai è successo che tale frase me la rivolgesse una donna, una femmina.]

*"Non dico lo cercheremo, perchè non c'è bisogno di cercarlo: ci penserà lui a farsi incontrare dove meno lo si aspetta, ad abbordarci nella folla, a tirarci per la giacca, ad avvilupparci di colpo nelle spire imprevedute della sua cordialità, a testimoniarci con interminabili salive il suo rimemorante entusiasmo per la nostra persona. (...)
E atteggio il volto a letizia, una letizia da cui trasuda il disappunto. "Di chi si tratta? ": vo subito cercando nel catasto di memoria. E' il vecchio compagno d'università, di cui mi è sfuggito il nome per sempre quando ho battuto del capo nel condensatore della turbina gigante, a Cornigliano? E' il commilitone dell'altra guerra, che se l'è squagliata con una ferita al pollice la vigilia dell'undicesima offensiva? E' il poeta di Castelfidardo che mi è stato presentato con altri ventidue poeti a Genzano, al convegno di poesia dei Castelli? Quello che abita a Castelfranco, in piazza del Castello? che poi m'ha mandato il suo volume, che la posta l'aveva perso, e allora me ne ha mandato un secondo, che l'ho certamente a Firenze, ma non ricordo più dove l'ho messo? Come s'intitola il suo volume, diobono? Garofano per Susanna, mi pare. Macchè garofano! Non s'intitolava Smarriti nel roveto? o Perduti nel pruneto? No, no, aspetta: non era smarriti e non era neanche perduti: era Cuori nel forteto. Cuori nel forteto, ricòrdalo. Ma questo qui non è lui, dà retta. Sai chi è questo? E' il secondo marito della coinquilina di via Po, di quella signora del sesto piano con quelle palle nere al collo che le era andato il marito sotto il tram e continuava a soffiarsi il naso dal dispiacere..."

[Non mi ricordo. Annaspo tra la moltitudine di visi che emergono da luoghi e tempi diversi, annaspo. Ombre.]

*"Nel mio cervello è a turbinare una tromba di polvere, un viluppo di congiunture disparate. Licenzio all'azzurro vertiginose avemarie, onde herziane delll'angoscia verso il trono celeste. La mia divina ausiliatrice avrà pietà di me, come sempre, con la tacita arte del suggeritore mi illuminerà del suo consiglio, mi soffierà dolcemente in un orecchio, senza farsi udire, il nome del condiscepolo, del commilitone, del poeta, del secondo marito della mia ex-coinquilina di via Po. Il nome, il nome: Fiorenzo Restìto, no Lorenzo Arrostito; Fiorenzo fiorenzo! Restìto, Restìto..."

["Eravamo nella stessa classe  alla scuola media, non ti ricordi?" 
No, non mi ricordo. In mancanza d'altro, repente la memoria fissa la foto di gruppo di fine anno, passa in rassegna la fila degli accovacciati, dei seduti - mi riconosco - degli spilungoni in piedi, Simona, Patrizia, Marcello...
Marcello? Eh, no.
Marcello no. Non può essere.
Degli altri volti anche  il ricordo della foto ricordo manda tratti indistinti e indefiniti, sfumati in nebbia.
"Sono Antonio."
Meno male, non è Marcello.
Ma.
Se si fosse fatto i fatti suoi, il seccatore, io e la mia memoria saremmo state più quiete.]


* Il seccatore, 1955. In Racconti dispersi, di Carlo Emilio Gadda.

giovedì 9 giugno 2011

Scrutini

Constatata la presenza del numero legale, il Presidente dichiara aperta la seduta.
Prima di procedere alle operazioni di scrutinio, si analizza la situazione di ciascun alunno per verificare la validità dell'anno scolastico secondo le normative vigenti e le relative deroghe .
Il coordinatore ricorda al Presidente che X alunni hanno superato il numero di assenze previste per la validificazione dell'anno scolastico, alunni che sono stati più volte segnalati al referente al disagio, alunni le cui famiglie sono state innumerevoli volte contattate (e nell'ultima, la mamma di C., aggrappandosi al braccio e con tono indispettito dice "prufessorè, vui nun l'avit purtata 'a gita? e iss a scola nun ci vene cchiù, pe' dispietto. E c'aggia avut accattà pure 'o motorino")
Il presidente sostiene che pur se ben oltre i limiti consentiti dalle deroghe, in virtù di (false) certificazioni mediche che attestano "asma", (la cui cura prevista è lampade abbronzanti) , o "trattamenti psicologici" (la cui cura è  l'acquisto del motorino), e di una serie collaterali di motivazioni che si trovano sempre, poi vediamo, si deve procedere ugualmente allo scrutinio.
Le insufficienze in tutte le materie, vengono discusse dal Consiglio.

[Pensieri e parole in ordine sparso
A che serve tenerli a scuola ancora un altro anno? Impareranno mai qualcosa? E come si fa nella futura terza, come si gestisce, già adesso è una classe terribile!   Ma quale messaggio diamo ai ragazzi, danno per scontato  che la promozione gli spetti di diritto!   La mamma ha detto che dopo la terza media lo mette a lavorare nel magazzino del marito.   A me ha detto : che me ne fotte, professurè, tanto m'ita promuovere per forza.   Non imparerà niente e la prenderà serale, devono anche avere un minimo di senso di responsabilità questi ragazzi.   Noooo, poi avremo una terza con XX alunni, troppi. Basta! l'anno prossimo mi metto a leggere il giornale in classe, non è possibile!   Ma leviamoceli di torno, danno solo fastidioNon è possibile farsi mettere i piedi in testa, ci giochiamo la credibilità.]

Si vota. A maggioranza, il voto del presidente vale doppio,  il consiglio decide di ammettere gli alunni, "nonostante la modesta frequenza e limitata partecipazione alla vita scolastica, tenuto conto della situazione socio/familiare,  e  confidando nelle capacità di recupero degli alunni il cui processo di maturazione è ancora in corso."
Le insufficienze  passano per voto di Consiglio a sex/10.


I compiti in classe, fogli in bianco, i registri personali, tacciono negli scatoloni, giù, affossati  negli archivi.
Tra non molto, dovremo ringraziare per averci solo sputato in faccia e non anche massacrati di mazzate.

domenica 5 giugno 2011

Poseidonia

Dice che è una pianta fondamentale per l'ecosistema del Mediterrraneo, pianta (non alga) a rischio estinzione, pianta (non alga) da tutelare.
Dice che senza la sua benefica presenza, le spiagge verrebbero erose interamente.
Dice che tra le praterie sottomarine vive e prospera la biodiversità.
Dice che la sua presenza è indice di acque incontaminate.
Poseidonia  regina del mare e della  rena.


Sará.

Sarà che forse  dicono di quando è ancorata e radicata nei fondali.
Perchè  vedere  una baia, ricettacolo di tutti i residui di Poseidonia del Mediterraneo, vedere una baia  secca di sabbia ma dominata da  un tappetone di filamenti secchi, su cui si ergono montagnelle di foglie? rami? strisce? lacci? in macerazione pullulanti di insetti, fa schifo.
Perchè   arrivare all' acqua pura e trasparente attraversando una decina di metri di neri nastriformi residui erbacei  in ammollo, che si avviluppano alle caviglie, si infilano tra le dita dei piedi e anche  nelle mutande, fa ancora più schifo.


"Fa bene, signora, non si preoccupi."
Sì, sì, penso, bene a che? Prima ancora dei fanghi d' alga guam, la poseidonia.
Trattamento estetico a costo zero.
Fossi un'esteta, novella Ermione, trasformerei  il bagno in insalata in un'esperienza panica - e il nero vigor rude ci allaccia i malleoli, c'intrica i ginocchi -.

Ma.

Manco naturalista, altro che esteta.
Uh, che desiderio di piscina in cemento piastrellato d' azzurro, trasparente acqua  ben clorata e vista sul mare (al largo il mare luccica).

mercoledì 1 giugno 2011

Dimenticanze


"Iamm, spìcciati, spìcciati" era la formula d'ordinanza della nonna quando si stava per uscire.
Ero però già spicciata e l'aspettavo sbuffando sotto l'arco della porta  aperta, mentre lei andava avanti e indietro alla ricerca spasmodica delle chiavi, della borsa, della sciarpa, della retina, di qualunque oggetto le fosse indispensabile recuperare prima di uscire.
E avanti e indietro, ripercorrendo le stesse mensole, gli stessi ripiani, gli stessi scaffali, alternava lo "spicciamoci" con "uh, 'o munaciello".

Sempre colpa del munaciello; era lui a nascondere la borsa e la sciarpa, e sempre lui veniva tirato in ballo quando le chiedevo le chiavi della cassapanca dove c'erano i cimeli: il cappello groffato del matrimonio di mammà, le fotografie ingiallite del nonno soldato, il copriletto giallo finto cinese.
"le chiavi non ci stanno, l'ha annascost 'o munaciell"
Pure la nonna, donna semplice e popolana, devota alle anime del criatorio, alle capuzzelle di morto, al parnaso di tutti i santi e di tutte le madonne, sapeva che il munaciello non esiste.

Avanti e indietro, dal comodino alla borsa, dalla mensola del bagno alla lavatrice, sotto il divano, dietro il ficus, pure nel bustone della carta da riciclare, mi sarò fatta una decina di chilometri di marcia in casa ripercorrendo gli spazi una quarantina di volte.
Niente, non sono stata capace di trovare il libro che stavo leggendo.
Sparito, scomparso, dissolto.
E no, assolutamente non è inzallanutaggine.
E' stato il munaciello.
Sicuro, proprio.