sabato 28 aprile 2012

da Errata corrige a ruota libera

"A pagina 53 è presente un refuso.
La frase "Al massimo il bacio l'avrebbe richiamato a una maggiore concretezza" è da leggersi "Al massimo il socio l'avrebbe richiamato a una maggiore concretezza".
Concretezza che evidentemente è mancata a un redattore distratto dalla sua vita sentimentale.
L'editore"

Il presente comunicato "Errata corrige" è nella copia di un libro per ragazzini.
(un fogliettino 4x3 centimetri)
Prima ho pensato: chissà se il redattore fa ancora il redattore oppure è stato retrocesso allo spolvero delle scrivanie.
Poi ho pensato: ma guarda che grande sfottitore, questo editore.
(se il redattore è ancora al suo posto si è fatto una grande risata, spero)

L'editoria per ragazzi (una parte, ci mancherebbe) si permette certe rilassatezze che non sono sicura passerebbero sotto traccia in libri destinati ad un pubblico adulto.
Soprattutto su molti libri nati come narrativa per le scuole (e le riduzioni e gli adattamenti di grandi classici)  si dovrebbe stendere non un velo, ma una trapunta pietosa.
Come se scrivere per un pubblico giovane e inesperto ammettesse l’arronzatezza, la superficialità, lo squallidume, con l'aggravante dell'avallo dell'insegnante che "consiglia".
(terribili i libricini attrezzati con tanto di schede didattiche - ma che grandiose palle, come se non bastassero le antologie con le schede gli esercizi le scritture creative i quiz le similproveinvalsidistocazz)
Dico almeno storie che si reggano in piedi, anche se i piedi sono piazzati in aria e nelle nuvole.
(Rodari, oh, Piumini, oh)
Le narrative per ragazzi, nella scuola, sono consigliate seguendo le logiche del do ut des.
(che bisogno c’è di un libricino che accocchia una ventina di temini sui problemi dell’adolescenza quando le antologie ne sono già piene?)
I rappresentanti in cambio di adozioni si mettono a disposizione.
(I rappresentanti farmaceutici pure. Un bel convegno di aggiornamento organizzato da tale casa farmaceutica nel mese di giugno in un resort punta ‘o mare sta alla  fornitura gratuita di tale casa editrice dei libri scolastici per figli e nipoti.
Si sa, i professeur sono categoria di pezzenti)
Ah, ma je suis snob, e allora non adotto le narrative per ragazzi.
Mi è capitato di essere corteggiata da un rappresentante (nuovo)
- Ma come mai non adotta la narrativa? Le nostre hanno anche il corredo di schede didattiche.
- Ecco appunto, non ho bisogno del corredo di schede didattiche, parto dal testo direttamente secondo le esigenze  e gli spunti che nascono al  momento.
- Ah, allora si potrebbe considerare una collaborazione con la nostra casa editrice, magari lo potrebbe scrivere lei un libro, o curare una riduzione per ragazzi.
Mmmmhhh, quanto sono lusingata!
Sprigiono fascino intellettuale da tutti i pori e fumo dal naso e dalle orecchie.


Leggo libri per i ragazzini per puro masochismo.
A volte si trovano delle chicche.
A volte si trovano delle cacche.

Mi ha impressionato - cacca -  la  pubblicità della casa editrice, il messaggio autopromozionale all'interno di una storia per ragazzini.
Il giovane protagonista restituisce un libro, il Robinson Crusoe, alla bibliotecaria.
Un amico guarda inorridito e afferma convinto che l'edizione originale è pesante!, ma lui - il furbone - ha letto la bellissima versione ridotta edita da ***.
Uh, *** è la stessa casa editrice. Con tanto di lettere, mica asterischi.
Che coincidenza!
Poco mi importa se è stato un omaggio dell'autore (sono finiti i tempi dell'encomiastica) o una correzione introdotta dagli editor (peggio ancora, ma quali pressioni si devono mai subire?)
E' una cosa che non si fa, ecco.





mercoledì 25 aprile 2012

Ricorrenze

Le coincidenze.
A volte sono davvero sorprendenti.
Negli ultimi 3 giorni ho letto due libri che, in un modo parziale e comunque in modo diverso, hanno a che fare con la lotta partigiana, con la Resistenza.
Niente di voluto o di cercato, davvero è solo il caso che me li ha posti davanti.
Ida, giovane sarda ospitata a Roma dalla sorella e lì bloccata dalla guerra, diventa staffetta, con la paura nel cuore e nei piedi,  perché non c’è altro da fare.
E’ la protagonista del libro dell’esordiente Paola Soriga, Dove finisce Roma.


Francesca Edera De Giovanni  è la prima donna partigiana uccisa dai fascisti, al muro.
E’ una delle  sette “vite inestimabili” di cui racconta Pino Cacucci nel suo ultimo libro, Nessuno può portarti un fiore, ed è la vita che ho trovato più inestimabile.
Come quella di Ida.
Non sono eroine.
Dice Cacucci: “Forse ti farebbe sorridere, quel poco di retorica che accompagna tante lapidi, a te che sei diventata partigiana per voglia di vivere, e non di sacrificio.”
La Memoria è una cosa da vivere, non da ostentare.
(La voglia di vivere non si esprime con le chiacchiere)

Maledetto il popolo che ha bisogno di santi e di eroi (e di retorica e di parate e di celebrazioni).
E poi dorme.

mercoledì 18 aprile 2012

La signora M.

La signora M. ha un'età indefinita. Non è giovane.
Chi l'ha conosciuta prima di me, più di 15 anni fa, prima che le morisse il marito, dice che era molto più vecchia di adesso.
M. ha i capelli corti corti, neri neri (corvini non è un aggettivo casuale, mai capelli più corvini ho visto in vita mia. Devo ricordarmi di chiederle chi è il suo parrucchiere), e anche gli occhi.
Indossa vistosi orecchini e collane che s'insinuano tra le tettone enormi.
Sta infuocata,  sempre scollacciata, anche quando fa nu friddo da intisicare un baccalà.
M. fa la bidella.
(pardon, collaboratrice scolastica)
E da collaboratrice ad alcuni aspetti del ruolo ci tiene assai, come quando, finito il tempo previsto per gli incontri scuola /famiglia, suona la campanella e caccia tutti fuori, genitori e professori, alluccando come una furia.
La mattina è lei a prendere le telefonate di chi si assenta.
"Maria, un giorno di malattia."
"Ueèèèè, e che è succies? Che tenite, professorè?"
Alla Catarella di Camilleriana memoria, nel ripetere i nomi,  ribattezza tutti.
(nu sturpiamento continuo)
La signora M. racconta  cose che se non mi fossero state confermate come sicurissime da persone affidabilissime, non le avrei credute possibili.
Il suo compagno è un editore, ha una casa editrice pure importante.
Pressorè, 'o sapete  a ***? E' il mio compagno.
Fa murì quando pretende giorni di ferie per andare a fare il  uicchè al mare, sulla barca del mio compagno, o la vacanza a santodomingo a natale o a pasqua, nell'albergo con la sciuit che ha preso il mio compagno, mentre con lo scopettone si aggira tra i corridoi.
Mi chiedo sempre di cosa parleranno mai lei e il suo compagno.
[Parleranno?]

Eppure.
A me la signora M. sta simpatica.
Mi fa pensare che nulla è impossibile, che tutto può essere al di fuori di ogni ragionevole immaginazione.
(invecchiare e tornare giovani e toste, ad esempio)

mercoledì 11 aprile 2012

Paris, la vie dans les cheveux

Cit.  “Allora com'era Parigi? (classica domanda del cazzo  che ti faranno.)”
La  torre Eiffel, il Louvre, l'Arc de Triomphe,  Notre Dame, e tutte le sacramenterie  del fascino turistico di massa di Paris sono belle, sono filose (chilometri di file, scoraggianti e demotivanti, tant’è che le ho saltate tutte, ci son passata dal basso e dal fuori, e comunque è come entrare dentro la cartolina, solo che avrei potuto fare un montaggio e spararmi le pose uguale), ma le note a memento  del  viaggio sono altre.

1) Acqua. 
Non l’acqua che viene dal cielo, che pure non è mancata, ma l’acqua del rubinetto.
Buonissima, fresca, tosta.  Altro che vino. Aprire la fontana e fare  glu glu glu. 
(devo smetterla di rimproverarmi perchè quando sono a casa compro l’acqua in bottiglia, e che cazz, la pago l’acqua dell’acquedotto, non faccio mica la snob, a caricarmi 12 litri alla volta su per le scale. E cosa bevo altrimenti? Coca cola o mandarinetto? L'acqua del rubinetto di casa mia sarà pure potabile, ma è imbevibile)


2) Traffico e metrò. 
Di sopra, il Peripherique,  tangenziale o  circumvallazione che dir si voglia, fa un baffo a quelle di Napoli, che pure sono oibò. 
Un tappeto immobile di vuatùr. Di sotto una ragnatela di binari, sottopassaggi, 14 linee di  metropolitana che si intrecciano si intersecano, si  interscambiano. Chilometri e chilometri a piedi sottoterra (a saperlo e a munirsi di stradario, per alcuni tratti non val proprio la pena fare scale e scale  per prendere la metrò, con la pedicolare si guadagna tempo e salute)



3) Dalì,  il folle.

L’Espace Dalì, a Montemartre,  è il sacrario del pazzo.
Vi sono alcune sculture di un certo interesse, per il resto una considerevole mole di disegni e schizzi, alcuni acquerelli e pitture, quasi tutti dedicate all’amico giornalista Enrique Sabater.
(è di fatto la collezione Sabater in esposizione.
"A Sabater" in ogni dove).
Una delle sale, sul fondo, si allunga in una cripta con abside, con tanto di cancelletto che impedisce l'ingresso e  cazzimpocchierie che ricordano le chiese e i cimiteri.
Al posto del tabernacolo, uno schermo  proietta senza soluzione di continuità le immagini del poco casto divo Dalì. 
Inquietante.
Ma altro è ancora peggio.
Un visitatore, solo. 
Si ferma in uno spazio neutro, tra l’esposizione e la galleria vendite e la rampa che porta all’uscita e all’ormai obbligatorio punto souvenir.
Estrae dal borsello una macchina fotografica e una bambola. Una bambolina di plastica, con gli occhi di vetro fissi e grandi, e i capelli lisci. L’ accarezza, le sistema i capelli e tenendola con una mano comincia a fotografarla. 
Con lo sguardo perso negli occhi della bambolina.
Inquietante bis (ter, quater, e oltre).

4) La  Crème brûlée al Café des 2 Moulins.
Amélie Poulain spezza la crema con il cucchiaino. Ma la crema non ha la crosta sufficientemente croccante, il cucchiaino affonda. Anzi, la verità, al Cafè des 2 Moulins reso famoso dal film "Il favoloso mondo di   Amélie",  di favoloso ci stanno solo la nomea e le foto sulle pareti e le tovagliette autopromozionali.
(quanto sanno vendersi bene, sti francesi).
Meno male che si è in zona Pigalle.



5) Cuisine française au Mouline de la Galette.
Le Mouline de la Galette è stato immortalato da Van Gogh e Utrillo, e le danze e l'animazione dans le moulin da Toulose Lautrec e Renoir.
Sotto il mulino, maintenant, vi è l'omonimo ristorante. Quotato abbastanza. Carestoso abbastanza, charmantillo pure (il fascino della storia).
Prendo un Plate, tipica cucina francese - dice la cameriera: "Pout au feu a l'os à moelle et ses légumes d'hiver" (euro 19).
Ovvero, carne in brodo con 4 patate  e una fetta di cetriolo scaurati.
Vabbè.
Non per fare del bieco nazionalismo. ma la carne in brodo la cucino quando non tengo genio di inciarmare.
Vuoi mettere anche un semplice "ruot 'o furno" o la lasagna primavera o la parmigiana di melanzane?
Tolto il camembert e la baguette, la cucina francese sa di fuffa (o di truffa).

6) Chateau –rouge 
L’appartamento preso in affitto, molto piccolino e charmant, è in una bella zona tranquilla, vicino alla funicolare di Montmartre, equidistante da tre fermate di tre linee diverse della metrò. 
Madame la proprietaria, ne cita solo due. 
E Chateau- rouge? Domando.
Ah, no no. – risponde.
Ecco. 
Non  si parla francese,  in quella fermata. 
(Africa)
Una babele di lingue e di colori del sud del mondo,  una folla esageratissima, mura scrostate e sudore.


Eppure Chateau-rouge non è nelle banlieu,  è 18° arrondissement, Montmartre, stessa latitudine della metrò di Abbasses, qualche centinaio di metri.
Mi chiedo com’è questa storia dell’integrazione (o della dis-integrazione)



7) Rue Paulet.
Ovvero, la strada delle capère.
In ogni città vi sono zone o vie “specializzate” e dedicate a ( san Gregorio Armeno, la strada dei pastori e dei presepi, ‘a sape tutto ‘o munno)
Anche Pigalle, la zona dei sexy shop. 
Ma di rue Paulet, non ne avevo mai sentito dire. 
E’ una delle strade a ridosso di Chateau-Rouge. 
Qui vi sono solo negozi , anzi, bugigattoli, di acconciature afro. Uno dietro l’altro, una fitta sequenza, quant’è lunga la strada, di  vetrate vista sull’interno. Tutte donne di colore, le acconciatrici e le clienti ( qualche asiatica che fa il manicure).
Treccine e rasta e e à toutes les heures, festivi compresi. 

Ecco. Fosse anche solo per quest’ultima nota,  Parigi val bene una testa.


domenica 1 aprile 2012

Socialcavoli

Mi affeziono ai contenitori.
Conservo per anni, quando mi piacciono, scatole vuote.
Non sposto, una volta fissati idealmente, i mobili dalle pareti e i vasi sulle mensole.
Devo riconoscere lo spazio in cui mi muovo, come quando ero piccola e giocavo (che gioco scemo) ad essere cieca, e ad occhi chiusi mi muovevo evitando spigoli e pilastrini.

La nuova grafica di blogger mi ha spiazzato.
In blogger mi sento (mi sentivo) a casa.
Ciò però non ha mai frenato la curiosità di vedere anche altro.
Assomiglia adesso, con il nuovo look, a wordpress,  se non fosse per il particolare affatto irrilevante che quello parla english.
Tanto per guardarmi attorno, tra i socialcavoli più diffusi, fittai stanza anche lì.
Ci saranno cumuli di ragnatele e polvere.
(ho più case virtuali di pirlusca, tanto che di molte mi sono scurdata pure dove ho messo le chiavi)

L'ultima sperimentazione in fatti di socialcavoli è stataTumblr.
Mi ha turbato  il suo benvenuto.
“Sei fantastico!” al clicca sulla verifica mail.
Mi ha inquietato la prima domanda, fatta da un tumblrBot (arghh, matrix è vivo e lotta con noi!) che mi ha chiesto se sono un robot o un dinosauro.
Avrei voluto rispondere: ahemm.
Non avevo capito la domanda, la verità.
(Sono un dinosauro)
Mi  ha stravolto il primo messaggio: tumblr mi ha salutato scrivendo “Con amore”.
Non sono abituata a tante coccole.
(e comunque. Non mi piace.)

Sì, sono un dinosauro. 
E anche idiosincrasiaca.
Vorrei poter fare dietro front , mannaggia a me che ho cliccato sul link dell'upgrade quando è comparsa la scritta: Blogger is getting a new look in April. Upgrade Now.