lunedì 6 luglio 2015

La tigre bianca - Aravind Adiga

Ci sono un cuofano di posti che  vorrei  visitare camminandoci dentro coi piedi e non con gli occhi come uso fare su google street view.
[L’America latina tutta dal Messico alla Patagonia.]
Ci sono anche dei posti  che non mi attizzano per nulla:  l’India occupa il fondo della mia personale classifica, dopo l’Asia centrale e gli USA.
Non so delineare un perché.

I libri in genere funzionano da catalizzatori di desiderio verso i luoghi che sono descritti, a meno che non si racconti dell’inferno di Dante.
Ecco, l’India raccontata da Aravind Adiga è   un inferno.
Anzi una  giungla.
Nella giungla, qual è l’animale più raro… la creatura che appare in un unico esemplare per ogni generazione?
Ci pensai su e dissi:
-       - La tigre bianca.
-       - Ecco cosa sei tu, in questa giungla.

Tu è il narratore, un “imprenditore” divenuto tale dopo l’omicidio del proprio padrone, a cui faceva da autista.
E’ in una  serie di mail   indirizzate al primo ministro cinese,  futuro ospite del paese, che  il narratore  Ashok Sharma, ex Balram Halwai alias Munna , racconta di sé e di tutto ciò che al ministro non verrà mai mostrato.

Se è possibile riconoscere  l’intento denuncia di tutti gli sgorbi, le corruzioni, le ingiustizie della società indiana, ,  dove solo teoricamente il sistema delle caste è  finito,  soppiantato dal più semplice  ricchi v/s poveri di carattere globale, dall’altro  non scatta la molla di empatia per i ragni umani, i sudras (e poi si evince che all’interno della casta resiste un sistema di sottocaste molto articolato, gabbie nella gabbia), connotati come sono da meschinità, zozzeria, propensione  - pur nel servilismo di facciata  – alla fottitura del prossimo.

Tra lo smog da cui si è salvi stando solo nel guscio  delle auto con aria condizionata  e  il supertraffico delle grandi città, o le strade accidentate e la merda di vacca sparsa ovunque nei villaggi, tra le sputazzate di paam che rigano di rosso la qualunque e mani tese a elemosinare rupie,  ora  metto tre spazi vuoti tra gli Usa e l’India.
Nella mia classifica personale l’india come luogo visitabile è scivolato sotto il livello 0.
Di certo leggere un libro non è un buon motivo per alimentare un’idiosincrasia o un pregiudizio, ma tant’è.


[chissà quanti lettori di  Gomorra  hanno  cancellato Napoli  e  luoghi viciniori dalla  lista personale dei luoghi visitabili]