giovedì 22 marzo 2012

Marie, Blanche, Jane.

"Ti porto un libro. E' un libro speciale."
Me lo porta, R., il libro. Mai sentito l'autore, mai sentito il titolo.
R. è la donna che vorrei essere tra trent'anni. (come lei)
Non mi lascio mai condizionare dai giudizi altrui, ma lei è come vorrei essere io tra trent'anni, e un pò mi fido.
Lo leggo, "Il libro di Blanche e Marie" di Per Olov Enquist. 
Cosa ci ha trovato di tanto speciale, mi chiedo.
E' un libro non lineare, faticoso.
Attraverso stralci delle pagine del Libro delle domande, invenzione letteraria scritta da una donna che  immagina sia stata assistente di Madame Curie,   ridotta a  torso su un carretto, e attraverso segmenti di ricostruzione storica e iconografica,  intervallati da ricordi personali,  ripetizioni, frasi ellittiche -  Arri! -   Enquist  racconta di  madame  Curie, l’ unica scienziata a ricevere due premi Nobel, donna  algida e infuocata, come il radio estratto dalla pechblenda, e di suo marito, monsieur Curie, e dello scandalo derivato dalla relazione della scienziata con Paul Langevin.  
E di Blanche, e di Jane, e delle suffragette.
Racconta dell'amore, dell'inestricabile legame che ha con la morte, così come il radio, che uccide chi lo maneggia. 
Embè, mi sono detta, capirai (non ci voleva mica Enquist). 
E dunque?
Dunque ho pensato che nel libro gli uomini ci sono ma sono moribondi, o vili, o morti, o timorosi. 
E' un libro di donne.
(se R. fosse nata nell'800, sarebbe stata una suffragetta, di quelle che, per protestare,   si fanno sbattere in prigione  per uscirne in fin di vita, rianimate dalle compagne e poi di nuovo in strada, di nuovo - le autorità giudiziarie non volevano avere le  morte sulle spalle).


Di madame Curie, la storia  ha fissato  l’immagine rigorosa  e algida della scienziata. 


Di Blanche Wittman,  la storia  ha fissato l’immagine del suo corpo abbandonato,   oggetto degli esperimenti  sul trattamento dell’isteria fatti dal dottor Carchot.
 Di Jane Avril la storia  ha fissato  il suo corpo snodato  nei  20 ritratti di Toulouse Lautrec.



Per Olov Enquist,  ne “Il libro di Blanche e Marie”,  racconta un’altra storia. 
Ora non mi importa  quanto ci sia di vero e quanto ci sia di falso, nel romanzo.
E’ un libro femminista, in fondo.
(Ecco cosa ha di speciale, il libro, per R. 
Non l'amore.)
E’ un libro sulla storia dell'emancipazione  della donna e sulla liberazione (dal corpo, dal ruolo).
Affatto indolore. 
“Il breve attimo in cui tutto possibile, Quello è l'attimo dell'amore, scrive Jane, come rimpiango di non poter afferrare quell'attimo in cui tutto è possibile, e fermarmi lì.”

L’asse dell’osservazione si è spostato.

Il genio della chimica e della fisica, fasciato da vestiti neri,  Madame Curie,  era l’amante  di un suo ex allievo, bruciata dalla passione e dalla vergogna (perchè devo vergognarmi di amare?)  



Blanche Wittman  metteva in scena, attrice, nelle sedute pubbliche sull’isteria,  il suo dominio su Charcot.



Jane Avril  era  diventata, dopo la Danza dei folli, alla  Salpêtrière, la farfalla caduta dal cielo, la Libera stella del Cancan, del Moulin Rouge.

Solo per un attimo:
 “come un sogno notturno, il breve attimo del risveglio quando il mistero permane e sembra reale e poi di colpo svanisce”

Sono  la scienziata  e non la donna Marie Curie, Charcot e non Blanche, Toulouse Lautrec e non Jane  ad "essere"  nella storia.

[La storia,  la vita, sono ingiuste]


domenica 18 marzo 2012

Libri di cuore

"Per un giorno intero, nella biblioteca della casa di campagna dei nonni, avevo indugiato nella scelta di un libro (...) Scorrendo con lo sguardo tutte quelle coste mi ero imbattuto in titoli che per ragioni misteriose mi avrebbero ossessionato tutta la vita (titoli orrendi come E adesso, pover'uomo?, Che ve ne sembra dell'America?, Com'era verde la mia vallata), titoli strani, titoli che mi intimorivano ed altri che mi affascinavano, titoli e titoli che sommandosi mi si sottraevano in un glutine impenetrabile intorno al quale l'animo mio si aggirava irresoluto."

Michele Mari - Tu, sanguinosa infanzia

Mi mancano i fondamentali (i prerequisiti) per amare questo libro di Mari che sviscera un' infanzia sanguinolenta e piagata dall'irresoluzione tra montagne di libri, gigantesche biblioteche paterne e nonnesche (puzzle verdini e battaglia all'ultimo sangue tra 8 scrittori )
Il nonno mi insegnò a pazziare a carte.
Asso pigliatutto, poi scopa e infine, gradino avanzato che immetteva direttamente nel mondo  adulto e maschio, la mariaccia e il pizzico.
La nonna avrebbe voluto insegnarmi le iaculatorie, i rosari perpetui di maggio e vespertini di ogni sera: la ricordo sgranare le palline mentre si affaccendava a fare la qualunque - 'o  diavulone, mi chiamava.
(centomila volte meglio il pizzico)
Nella casa natale di libri ce ne erano pochi. Oggetti di arredamento, per lo più.
E c'erano - ci sono ancora - le enciclopedie a fascicoli che papà si ostinava a comprare dall'edicolante, e poi li faceva rilegare, manco fossero tomi antichi: enciclopedia del cane, dell'automobile, del taglio e del cucito, della parapsicologia (?!?), degli animali, e poi i Quindici, comprati apposta per educare la prole (mi ricordo il sì, sì, li vogliamo, ma c'erano i venditori dei Quindici che andavano di casa in casa, come quelli  dell'Avon e della Tapware?), così come  la piccola Garzanti blu, con i vocabolari inglese e francese inclusi.
(Le ricerchine pre era internet, altro che stampa la pagina di wikipedia e porta a scuola, e l'enciclopedia medica, certi capitoli e certe pagine  consumati dalla lettura fatta di nascosto)
Quali Stevenson e Salgari dell'infanzia.
Il primo libro che mi fu regalato, però lo ricordo.
A me il libro, agli altri i giocattoli (rabbia e frustrazione, ohhhhh, infanzia sanguinosa pure la mia)

"Cuore" di Edmondo De Amicis

Formato gigante, era  ingombrantissimo,  aveva la copertina di cartonato rigida ed era riccamente illustrato con  disegni orripilanti.
Già quelli me lo rendevano repellente. 
Erano disegni dalla grafica fumettistica, pochi colori, il rosso e il nero, i nasi enormi con dei riccioloni smisurati  al posto delle narici.
Il libro non esiste materialmente più (e neanche le due Barbie, la Skipper e soprattutto il Ken, vanto assoluto tra le amichette - il maschio lo tenevo solo io)
Chissà.
Forse adesso mi piacerebbero quei disegni, forse adesso potrei addirittura trovarli belli e originali.
Di quella edizione non c'è traccia nel web (quando serve  non serve a un cacchio).

E lo so, la  memoria è ingannevole e fallace sopra ogni cosa.




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venerdì 9 marzo 2012

Zuppa d'occhi


A volte si va in  luoghi  squallidi e orripilanti solo  perché  celano  un ricordo, un’emozione, un sentimento, un tesoro nascosto.
Come quando si entra dentro il dedalo di strade germinate tra ininterrotte serie di palazzine anomime , dentro la pizzeria dal portoncino in alluminio anodizzato,  dentro la saletta con il tetto in lamiera ondulata, senza finestre, posizionata dietro il forno a legna.
E' lì - ogni volta al pensiero si accompagna l'ipersalivazione - che si magna la più roboante zuppa di cozze  mentalmente  concepibile prima di vederla dal vero (dal vivo).
Uno sperlungone fondo di metallo, in cui oltre al trionfo di cozze e vongole e maruzze e pomodorini (appena appena scottati, gnamm) si ergono una matronesca ranfa di purpo e lo scampo e il gamberone. 
E di sotto, annegati nel sughetto che potrebbe ben condire un chilo di vermicelli, dadi di pane fritto. 
Tutto abbondantemente spolverato da una  vampata di peperoncino (che non smorza il sapore di mare) per smaltire la quale occorre minimo un litrazzo di vino.

Di norma,  si è soliti dividere  la zuppa  (nei ristorantini fifì ne caverebbero una decina di porzioni ), soprattutto per far accomodare nello stomaco anche qualche altro sfizietto (fritturina all’italiana, pizza cotta nel forno a legna divisa in tranci).
Conscia del terribile dramma derivante dalla divisione del gambero e dello scampo,  e forte del fatto che nella saletta,   oltre me e la mia amica,  non c’è anima viva, oso proporre una magnata da sfondamento:  una spasella a capocchia, e vaffancapa  che non fa elegante - leccarsi tutte e cinque le dita poi.
[Quanto sono belle le amiche complici]

Nel mezzo dello strafogamento, spunta una faccia conosciuta .
“Uèèè, ciao, son mille anni che non ci vediamo, che fai qui?”
 “Sono con un’amica,  mangiamo qualcosa insieme “
(e meno male che non stavo con l’amante)
“ Sto facendo fare le pizze, poi le porto a casa  - e mentre strabuzza gli occhi aggiunge -  azz,  una zuppa di cozze intera per una?!??”
Ho mal digerito per  tutta la notte.
(Le cozze e il peperoncino e lo stomaco mio non c’entrano niente.
Valgono più gli occhi che le scoppettate, diceva la nonna mia)

lunedì 5 marzo 2012

...appocundria di chi è sazio e dice che è diuno...


Il “poeta” è giunto con mezz’ora di ritardo.
Si è  subito lamentato dell’attacco di panico, delle gocce non prese, del pranzo a casa di un amico - portatemi  in ospedale è giunta l’ora – mangia che ti passa.
Si informa.
C’è un medico in sala?  C’è. Bene, nell'eventualità.

L’ipocondriaco, lo chiamavo,  nel  leggere le sue cose.
(non mi sono mai piaciute, ça va sans dire).
La prima  volta che l’ho visto,  il "poeta" ha parlato pochissimo.
Parlava per lui una specie di Morticia Addams, tutta vestita in nero, ‘a sora da morte, che  con voce cavernosa e lenta salmodiava  passi del libro come una  litania funebre.
(sotto la pelle siamo tutti scheletri, avremmo potuto rispondere in coro)
Stavolta ero curiosa di vedere se era da solo o accompagnato.
(avrei voluto studiare a fondo la sua vestale, fare congetture sul ruolo, sull'influenza, sui rapporti, sezionare a segmenti la voce e antropologizzarne la forma del cranio e delle sopracciglia)
Era accompagnato anche stavolta, ma  da un amico che è rimasto nelle retrovie.
Ha dunque parlato.
In piedi, appoggiato al muro (che si aggiunga un senso di  precarietà alla scena,  la sedia è cosa troppo stabile, troppo costringente e “normalizzata” per sostenere il dramma) 
Ha detto non detto si è inzamato contraddetto ha pronunciato frasi poetiche sanguigne purulente discinte scarne fumose evanescenti.
Evanescenti.
Ho il sospetto che atterrerà tutti quelli che gli stanno vicino.
Ho il sospetto che sia tutta una presa per il culo, il panico, il cuore che esplode, l’appocundria.

Devo smettere di andare alle presentazioni degli autori.
Vedo quello che non dovrei  vedere, sento quello che non vorrei sentire.
(La finzione, l'inganno, la maschera.)

I poeti che brutte creature 
ogni volta che parlano 
è una truffa. 
(Francesco De Gregori)


giovedì 1 marzo 2012

Alcune delle cose che dovrei pur fare prima di morire

E' il titolo della versione scritta della partecipazione di Georges Perec ad una trasmissione radiofonica del 1981 *
Inevitabile, per me, fare confronti sulle sue e sulle mie priorità.
Sicchè, la trascrivo per intero, la nota, apponendo a latere delle cose che avrebbe pur dovuto fare lui, quelle  che dovrei pur fare io.


Ci sono innanzitutto cose facilissime da fare, cose  che potrei fare fin da oggi, per esempio
1 Fare una passeggiata sui bateaux-mouches   (spegnere il fuoco sotto i peperoni prima che si appiccino e mandino a fuoco la casa, già da subito)

Poi cose appena più importanti, cose che implicano decisioni, cose per le quali mi dico che, se le facessi, forse mi faciliterebbero la vita, per esempio
2  Decidermi a gettare un certo numero di cose che conservo senza sapere perchè le conservo  (idem)
oppure
3  Ordinare una volta per tutte la mia biblioteca  (ah ah! già fatto!)
4   Acquistare diversi elettrodomestici  (un grande armadio al posto del piccolo)
o ancora
5  Smettere di fumare
    (prima di esservi costretto....)  (ahemm....)

Poi cose legate a desideri più profondi di cambiamento, per esempio
6  Vestirmi in modo del tutto diverso (coi tacchi a precipizio e collane e orecchini a mò di madonna     dell'arco)
7  Vivere un albergo (a Parigi) (eh, chiamati fesso, pure io, potendo)
8  Vivere in campagna  (in una casa/faro. sul mare.)
9  Andare a vivere per un lungo periodo un una grande città straniera (Londra) (in una città straniera non grande: Dublino)

Poi cose che sono legate a sogni di tempo o di spazio. Ce ne sono abbastanza
10  Passare per l'intersezione fra l'equatore e la linea di cambiamento di data (mai pensato. però stare con una gamba di qua e una di là rispetto al meridiano di Greenwich sì)
11  Andare oltre il circolo polare (no no, troppo freddo)
12  Vivere un'esperienza "fuori dal tempo"
      (come Siffre) (andare in una grotta senza soffocare per la  claustrofobia)
13  Fare un viaggio in sottomarino (no no, troppo tutto chiuso e sotto)
14  Fare un lungo viaggio su una nave (fare il viaggio con la transiberiana)
15  Fare un ascensione o in mongolfiera o in digiribile (in mongolfiera. Ma nel 1981 non si faceva ancora il bungee jumping?E no, perchè son sicura che l'avresti dovuto fare, altrimenti)
16  Andare alle isole Kerguélen (o a Tristan da Cunha) (ma anche l'Australia)
17  Andare dal Marocco a Timbuctù a dorso di cammello in 52 giorni (con una 4X4, stesso tempo e stesso percorso)

Poi, fra tutte le cose che ancora non conosco, ce ne sono alcune che, avendo tempo, vorrei scoprire bene:
18  Mi piacerebbe andare nelle Ardenne (e nei paesi baschi)
19  Mi piacerebbe andare a Bayreuth, ma anche a Praga e a Vienna (Bayreuth non conoscevo, ora anche, insieme a Praga e a Vienna)
20  Mi piacerebbe andare al Prado (al museo delle cere)
21  Mi piacerebbe bere del rum trovato in fondo al mare (come il capitano Haddock nel Tesoro di Rackham il Rosso) (mangiare con le bacchette in un ristorante cinese in Cina)
22  Mi piacerebbe avere il tempo di leggere Henry James (tra gli altri) (mi piacerebbe avere più tempo per leggere, a prescindere)
23  Mi piacerebbe viaggiare sui canali (azionare una diga o una chiusa)

Ci sono poi tante cose che mi piacerebbe imparare, ma so che non lo farò, perchè mi ci vorrebbe troppo tempo, o perchè so che ci riuscirei soltanto in modo molto imperfetto, per esempio
24  Trovare la soluzione al cubo di Rubik (fare l'hula hop per almeno 5 minuti di seguito)
25  Imparare a suonare la batteria (il pianoforte, o anche la chitarra, che pur mi sono passati davanti agli occhi e alle mani)
26  Imparare l'italiano (imparare qualsiasi altra lingua oltre l'italiano)
27  Imparare il mestiere di tipografo (imparare il linguaggio htlm)
28  Dipingere (fare i mosaici)

Poi cose legate al mio lavoro di scrittore. Ce ne sono molte. Si tratta, per la maggior parte, di progetti vaghi; alcuni sono del tutto possibili, dipendono da me, per esempio
29  Scrivere per bambini molto piccoli   (e relativamente al mio lavoro: prendere almeno 5 giorni di finta malattia)
30  Scrivere un romanzo di fantascienza (e relativamente al mio lavoro: non fare un cacchio quando non ne ho voglia)

altri dipendono dalle richieste che mi potrebbero essere fatte:
31  Scrivere il soggetto di un film d'avventure, nel quale si vedrebbero, per esempio, 5000 chirghisi scorazzare nella steppa (anche 5000 cavalli e cavalieri, oltre ai 5000 chirghisi appiedati)
32  Scrivere un vero romanzo a puntate (un fotoromanzo a puntate)
33  Collaborare con un disegnatore di fumetti (sì, sì, io passo le matite e le tempero)
34  Scrivere canzoni (per Anna Prucnal, per esempio) (per chiunque, basta che mi paghino)

C'è ancora una cosa che mi piacerebbe fare, ma non so devo metterla, è
35  Piantare un albero (e guardarlo crescere) (mi basterebbe riuscire a far sopravvivere il basilico in inverno)

Ci sono infine cose che è ormai impossibile progettare ma che ancora non molto tempo fa sarebbero state possibili, per esempio
36  Ubriacarmi con Malcom Lowry (svoltare al  bivio anzichè percorrere la strada dritta)
37  Fare la conoscenza di Vladimir Nabokov (dire delle cose a)

ecc. ecc.
Ce ne sono sicuramente molte altre
Mi fermo volutamente a 37 (vabbè)


* Sono nato - Georges Perec