sabato 6 luglio 2013

I hate shopping

Detesto lo shopping. 
Lo detesto in tempi di pace ma soprattutto in tempi di guerra, in tempi di saldi.
Che poi, tra le miliardate di offerte promozionali, di sconti straordinari e generici o abituali e ad personam, il saldo che è?
Allodole, allodole. 
Tranne per i  negozi  a cui non posso accostare né prima né dopo – una magliettina  passa da euro 260 a euro 210,  da briscole a bruscoline, sticazzi che differenza! – ho sempre l’impressione di veder spuntare i rimasugli dal cascione.

Detesto lo shopping. 
Misurare, provare, indossare: depressione. 
Sono impietosi, i camerini, con le luci sparate e gli specchi che  rivelano ogni grammo di cellulite, che esplorano l’intera grafia venosa, che evidenziano in triplice prospettiva il peso della gravità. 
E magari  pure ti capita il culo di adocchiare, tra tanti capi demodè o difettati,  un vestitino caruccio, uh, che delizia. 
Lo è soltanto appeso alla gruccetta però,  dato che la prova camerino dimostra che non è tutto oro quello che luccica. 
Insomma, meglio dir così che immaginare quanto sarebbe bello esser secca secca, un’esperienza possibile tanto quanto essere maschio. 

Detesto lo shopping. 
Adoro il mio rassicurante armadio di paperino. 

1 commento:

  1. Il cartello 'SALDI' l'ho sempre inteso solo come un avvertimento, con percentuale. Il camerino, la sua luce, come la pena.

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