domenica 9 giugno 2013

Contr-azioni

Stamattina ho visto un video.
Questo.



Due minuti, una misura ideale per la mia capacità di applicazione e di attenzione. 
Non mi interessano le questioni di lana caprina, quanti Ammmericani e quanto Novecento, e quante arraffazzonature.
(sul Novecento è indiscutibile che in pochissimi anni ci sono stati cambiamenti che hanno modificato radicalmente la faccia del pianeta e  il modo di vivere dei suoi abitanti. 
Internet dove mancano pure le fogne e i cessi, insomma). 

In quale periodo storico ti sarebbe piaciuto vivere, mi ha chiesto una volta.
Adesso. In questo periodo. 
Dubito che sarei potuta essere Cleopatra, o una zarina, o Vittoria Colonna, in un altro periodo storico. 
Sarei stata una serva della gleba, una schiava, una contadina, un’operaia delle filande, marò. 
Meglio mò.  
Anzi, mi sarebbe piaciuto essere una nativa digitale, sarei voluta nascere un ventennio e più dopo, che figata, sarei ancora una pulzelletta.

Ho pensato a quanti mattoni ci sono dietro ognuna delle nostre più fesse abitudini, alzarsi dal letto (il letto), scendere o salire le scale, lavarsi i denti con lo spazzolino, prendere l’autobus, andare a fare la spesa – comprare l’ananas  e il mango anche in Scandinavia – telefonare per avvisare che si è in ritardo, e anche ammesso che si  voglia andare a vivere nel faro, chi non si  porterebbe  l’impermeabile con cappuccio in tela cerata per ripararsi dal vento, la tachipirina per il mal di capa?
E puta caso si voglia   rinunciare alle medicine chimiche,   le pasticchette omeopatiche,  se non le avesse preparate qualcun altro, in quanti sarebbero  capaci di prepararsele  da soli?
(all’eliminazione del dolore non rinuncio manco morta)

Non potremo mai più tornare indietro.
(la decrescita felice di sti cazzi, è proprio un’utopia di quelle con la U)

Mi ha attraversato una stranissima  duplice ossimorica sensazione: onnipotenza e impotenza. 
Onnipotente e impotente come chi si trova in cima alla scala che altri, piegando le schiena e facendo da gradino, uno sull’altro, hanno preparato affinchè potesse salirvici sopra, a guardare le stelle in avanti e il baratro alle spalle, o anche  le stelle alle spalle e il baratro in avanti.
Non mi sono guadagnata niente di quello che ho. 
Né lo spazzolino, né l’impermeabile, né la tachipirina per il mal di capa.
Se da un lato posso dominare con uno sguardo il passato - dominarlo - il futuro non  riesco  a immaginarlo, anzi, non posso che immaginarlo catastrofico.
E comunque,  qualunque cosa io faccia non potrà cambiare di un decimo di micron una beata minchia. 
Sentirmi un granello di sabbia già sarebbe qualcosa. 
E invece, dominatrice del passato,  manco quello.


4 commenti:

  1. Hai ragione: non potremmo più tornare indietro. Io ho solo paura che prima o poi saremo obbligati a rinunciare a qualcosa e che la terra non abbia abbastanza risorse per tutti.

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  2. Io invece non sono del tutto d'accordo. Indietro non si torna, è vero, anche perché non esiste il tempo circolare. Ma, ad esempio, adesso in edilizia stanno riusando tantissimo il legname per motivi antisismici. Alla faccia del cemento armato!
    Siamo davvero convinti che tutto ciò che ci viene propinato come progresso lo sia veramente? (Tachipirina compresa)
    :)
    Un abbraccione!

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    1. (e alla faccia delle poche foreste!)
      Non sono sicura, non lo so.
      (però la tachipirina sia sempre benedetta)
      Ma non è questo il punto.
      Il punto è sentirsi meno di un nonnulla, e contemporaneamente avere l'impressione e l'illusione di poter "controllare" miliardi di anni.

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