Il leitmotiv ricorrente nei corridoi, nelle aule, nel
giardino e nella sala professori è “ma che la facciamo a fare questa presa in
giro, è meglio che lo tolgano di mezzo, come alle elementari”.
Non è solo questione di abboffamiento da scartoffie, o di marcata indisponibilità o incapacità a far da
prestigiatori coi numerielli, ora che i giudizi sono stati sostituiti
esclusivamente dai voti - non è cosa
bella ammettere all’esame con una media e licenziare con una più bassa, non
ammettere chi ti ha fatto schiattare in cuorpo tre anni? meglio levarsele da
torno, dopo
che abbiamo ammesso non possiamo
bocciare all’esame, che figura facciamo.
La presa di coscienza di un dato di fatto.
(una strunzata, ma che non si sappia in giro.)
Non avrebbero dovuto toglierlo neanche alle elementari: l’esame
è (era) un rito di passaggio.
Poi capita, che tra tanti
rodimenti di fegato, Vincenzo, l’allampanato,
il riluttante, lo strafottente, il ritardatario perenne al mattino perché il
bar ha fatto tardi a cacciare la pizzetta , Vincenzo che nei compiti in classe
al massimo scriveva cinque righe
striminzite e sgrammaticate, pressoreeeeeè, mi sfàsterio, ammesso all’esame –
lui e tanti altri, come dice un collega, per santa intercessione della madonna
del carmine – sta lì seduto concentrato
per tre ore di seguito, e scrive e scrive, tanto che non credi a tuoi occhi.
Lo leggi, il compito di Vincenzo, che dentro le parole ci
mette le paure e i ricordi, le ingenuità della sua età, e l’impegno e lo sforzo
di utilizzare una lingua così diversa da quella parlata, e ti commuovi, e il
sette/dieci che scrivi a caratteri quasi cubitali sulla facciata (maledetti
indicatori!) vale più di un 10 e lode, e non puoi fare a meno di lasciare l’aula
delle correzioni e andare in quella d’esame, nella pausa tra le prove di lingue straniere,
e abbracciarlo, bravo Vincenzo, e speri che faccia il bis, il ter, il quater,
che non dimentichi gli elogi così plateali, così fuori luogo.
Che me ne fotte, del fuori luogo.
Nonostante gli esami, oggi sono stata felice.
Sì, anch'io penso che gli esami siano un rito di passaggio. Necessario.
RispondiEliminaBello l'esempio di Vincenzo. :)
Gloria