lunedì 8 settembre 2014

Oltre il confine

Oltre il confine è il secondo romanzo di una trilogia, la trilogia della frontiera.
Alcuni anni fa lessi il primo. 
Fu un giovane amico a suggerirmi Cavalli selvaggi; il protagonista John Grady lascia la sua casa per cercare il suo posto nel mondo. 
E’ un viaggio di formazione, a suo modo una recherche. 
(il mio giovane amico e il suo posto nel mondo, pensai)

La recherche è anche il perno del secondo romanzo della trilogia: anche in questo, il protagonista è un ragazzo, Billy. 
Billy vive coi genitori e il fratello Boyd in un ranch in New Mexico. 
Avvista una lupa che sbrana di armenti. 
Negli Stati Uniti non vi sono più lupi, sono stati uccisi tutti. 
Così dicono. 
Ma gli animali con conoscono i confini tracciati dagli uomini, e la lupa oltrepassa il confine. 

Il padre di Billy gli insegna a piazzare le trappole. 
Billy li vede di notte, i lupi che danzano. 
Il vecchio glielo aveva detto : “il lupo è un essere di ordine superiore, che sa cose che gli uomini non sanno: che non c'è ordine nel mondo salvo quello imposto dalla morte.

Il viaggio di Billy comincia con ricerca della lupa; riesce infine a catturarla: è ferita, è prigioniera, ma Billy non può ucciderla. 
Decide di partire e di riportarla oltre il confine, in Messico. 
Lei e gli altri della sua specie, lupi e fantasmi di lupi che correvano nel candore del mondo delle cime, un mondo perfetto per loro, come se avessero partecipato alla sua 
progettazione.”
Ma il viaggio in Messico, e poi il ritorno a casa, e di nuovo oltre il confine, con il fratello a cercare di recuperare i cavalli rubati alla sua famiglia, e poi ancora negli Stati Uniti, e poi ancora oltre il confine e ancora e ancora, non fa altro che insegnargli quello che la lupa sapeva già: non c’è ordine nel mondo salvo quello imposto dalla morte.

Il libro inizia con una lupa selvatica e aggressiva e fiera e termina con un cane cencioso “ un cane vecchio, col muso grigio e orribilmente storpio nelle zampe posteriori; anche la testa era storta rispetto al resto del corpo e il cane si muoveva in maniera grottesca. Una bestia artritica e sbilenca che si trascinava lateralmente e annusava il pavimento per sentire l'odore dell'uomo”. 
Billy era la lupa, Billy è il cane. 
Però nulla gli impedisce di cacciarlo via con le pietre. 
Salvo poi piangere, per il cane, per se stesso.
Il cieco gli “Disse che era un errore aspettarsi troppa giustizia in questo mondo. Disse che l'idea che il male sia raramente ricompensato era ampiamente esagerata, perché se esso non ritornasse utile gli uomini lo eviterebbero; e allora come sarebbe possibile considerare virtuoso chi lo ripudia?” 
Non è un virtuoso, Billy. 
Non ha più nulla, ma il suo tempo non è finito. 
Perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia e ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. 
È questa in fondo la lezione. Non si può fare a meno di nulla. Nulla può venire disprezzato. Perché, vedi, non sappiamo dove stanno i fili. I collegamenti. Il modo in cui è fatto il mondo. Non abbiamo modo di sapere quali sono le cose di cui si può fare a meno. Ciò che può venire omesso. Non abbiamo modo di sapere che cosa può stare in piedi e che cosa può cadere. E quei fili che ci sono ignoti fanno naturalmente parte anch'essi della storia e la storia non ha dimora né luogo d'essere se non nel racconto, è lì che vive e dimora e quindi non possiamo mai aver finito di raccontare. 
Non c'è mai fine al raccontare.

E proprio per questo motivo - non c'è mai fine al raccontare - devo leggere il terzo libro della trilogia, e anche - o forse soprattutto - perchè questo romanzo, rispetto al primo, mi ha lasciato uno strano strascico. 
Nonostante la brutalità, il sangue le pietre le ossa il vento del deserto e i fuochi le rovine, ovvero nonostante la “terrestrità” delle situazioni, c’è un qualcosa di “mistico”: i vecchi che trattengono il giovane con i loro discorsi, il vecchio eremita dei gatti nella chiesa, il vecchio cieco, il vecchio “custode” dei segreti della sua città, hanno il marchio del profeta, o dell’oracolo .
E poi ci sono i sogni, e le epifanie: 
A metà torrente si fermò di nuovo, si sfilò l'arco di spalla e lo lasciò cadere nel fiume. L'arco prese ad avvitarsi su se stesso tra i flutti e poi galleggiando andò a finire nella pozza più a valle. Una mezza luna di legno chiaro, che andava alla deriva, perduta nel sole sull'acqua. Ricordo di un arciere annegato, o di un musicista, o di un appiccatore di fuoco.”

Non posso negarne la potenza immaginifica, però è anche vero che rispetto al primo mi è sembrato meno concluso. Una cerniera, non so come dire. 
O un libro di confine: Billy non viaggia e basta. 
Va avanti e indietro, ritorna su sentieri e in luoghi già percorsi: è un moto circolare il suo. 

Dall’epica del viaggio che è l’ossatura di Cavalli selvaggi a qualcosa che non riesco a delineare, oltre alla sacra verità dei lupi. 
So che nella città della pianura Billy e John saranno insieme. 
Voglio sapere che direzione prenderanno le loro vite.

2 commenti:

  1. Di quest’uomo qui, lessi “La strada”. Ed ancora oggi ricordo un senso di desolazione e abbandono ogni volta che ci ripenso. Quel libro mi fece così male, che non riuscii a vedere neppure il film.
    Solo che le trilogie mi mettono un po’ in soggezione…

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  2. Ho letto La strada e penso che leggerò la Trilogia, ma un po' alla volta...

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