Tienanmen, il ragazzo con le buste di plastica davanti al carrarmato.
Mi è capitato di pensare a che fine abbia fatto quel ragazzo.
Chi era, che fa adesso, se fa ancora qualcosa.
In rete non ci sono risposte.
(solo domande, o ipotesi)
E’ un paese lontano, la Cina.
Al di là della censura, al di là dell’immagine dei cinesi che lavorano come muli ammassati in fabbriche/case, al di là della constatazione empirica della rumorosità delle comitive di turisti cinesi, al di là delle nozioncine scolastiche imperocelestecataipiedidiloto, resta la mia sostanziale ignoranza su quel popolo, su quel paese.
Nonostante la “globalizzazione”, che dà l’illusione della vicinanza, gli Altri sono lontani.
E degli Altri non si sa un cazzo.
1987. Due anni prima di Tienanmen.
Una rivolta contadina e la sua repressione. Ne scrive, nel libro “Le canzoni dell’aglio”, trasfigurando luoghi e attraverso l’alternanza di piani temporali e dei punti di vista dei personaggi chiave, Mao Yan [Mo Yan chi?]
1987.
(e non 1798, come spesso mi è capitato di pensare, riportata al contemporaneo dalle parole compagno e partito comunista]
Poco meno di trent’anni fa, il cieco cantava le canzoni dell’aglio.
[Omero – dicono – era cieco. Nella sua voce le gesta epiche di un popolo.]
Le canzoni del cieco Zhang Kou raccontano di Tiantang, il Paradiso, dove i contadini coltivano i loro campi ad aglio, e della loro rivolta, quando i magazzini vengono chiusi e ne viene impedita la vendita.
Ogni capitolo inizia con una strofa delle canzoni dell’aglio tranne l’ultimo, in cui è un seguace del cieco a chiudere la storia
“Piantare e vendere l’aglio assicura ricchezza
vestiti nuovi, abitazione nuova, moglie nuova”
“Nella vecchia società i funzionari si proteggevano e il
popolo subiva
Nella nuova società dovrebbe regnare la giustizia.”
“il mio maestro è morto per aver parlato troppo
io non farò lo stesso errore”
Nella nuova società cinese la vecchia è tutta presente.
Strutture feudali che resistono – matrimoni combinati, donne scamazzate anche nel momento del parto, sopraffazione e violenza, tanta tanta violenza - anzi forse si moltiplicano, lì dove al privilegio per stirpe si sostituisce il privilegio dato dal rango politico, poichè i funzionari corrotti del partito fanno presto ad ergersi a nuova e peggiore nobiltà.
E per i contadini – o per gli operai, la storiella del pidocchio di campagna e del pidocchio di città, solo in parte simile a quella dei nostri topini, è emblematica - nulla cambia.
Pidocchi, una folla che si infila e si moltiplica nelle coperte, da schiacciare e mangiare.
Tre sono le strade, per la moltitudine di pidocchi: accettare silenziosi qualunque sopruso
“…non mi lamenterò più, non picchierò più nessuno, non andrò a chiedere giustizia, anche se mi cacassero in testa “ dice Gao Yang,
o andare volontariamente incontro alla morte, come fanno altri personaggi del libro, o affidarsi alla sapienza degli intellettuali [di coloro che fedeli e integerrimi adepti del sistema agiscono per ripulire il sistema dalla corruzione], rappresentati nel libro dal giovane funzionario militare in divisa.
“Il burocratismo va combattuto, ma non con l’anarchia”
Intanto i Gao Yan continuano a marcire in prigione e i Gao Mao a morire.
E i funzionari incapaci o corrotti trasferiti da un distretto all’altro.
Sempre a fare i funzionari.
Mo Yan ha vinto il premio Nobel per la Letteratura nel 2012 “ per il suo realismo allucinatorio che fonde racconti popolari, storia e contemporaneità”, non senza polemiche.
[Schierato con il regime, ho letto in rete.
Ma la rete è appunto una rete. Ingabbia .
Globalizzazione, tzè]
Mo Yan non è mai stato censurato nel suo paese, eppure accusa e denuncia.
E strazia.
Le canzoni dell’aglio è un libro che addolora.
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