Rispetto ad altri mezzi di trasporto, viaggiare in auto ha un vantaggio incommensurabile: la libertà.
Libertà di decidere tempi, ritmi, soste e fermate.
In Albania viaggiare in auto (la bicicletta sarebbe ancora meglio, ma vuoi mettere la fatica e i bagagli?) è l’unico modo per godere di bellezze che altrimenti…
Stop.
Una striscia rosa, una gigantesca salina.
C’è vento, al bordo della carreggiata.
E’ come fermare per un attimo il tempo e sentirsi catapultati in un altrove alieno.
Non era prevista questa fermata.
Ma è un incanto.
Il navigatore dell’auto non conosce le strade, fa un po’ come gli pare.
Ci fa attraversare un brutto tratto di strada per arrivare da Narta a Zvërnec.
Un’area industriale dismessa, trasandata, buche e voragini che costringono le vetture a fare delle vere e proprie gimkane.
E poi c’è la pineta, bellissima: odore fresco e balsamico.
E’ un peccato che non vi sia manutenzione.
Fanno paura gli alberi piegati verso il centro della carreggiata.
Alcuni sono letteralmente spezzati e si poggiano su altri alberi. (prefiguro un catastrofico effetto domino).
L’isola, una bolla in mezzo alla laguna, è collegata alla terraferma da un pontile di legno che ad un certo punto si biforca: un segmento di ponte conduce ad una piattaforma, location ideale per le fotografie di matrimonio.
(quante spose! Una qui, più di una per ogni castello, a Berat, ad Argirocastro, un altro paio sulla scalinata dell’Albanian College a Durazzo. Tutte bellissime. Mi chiedo. Le foto sono contestuali al rito? Solo gli sposi e i fotografi. Intimo intimo).
Il monastero bizantino è molto grazioso, anche se si respira aria di abbandono.
A lato un piccolo cimitero, e un po’ oltre un pollaio.
Sotto la tettoia dell’anonimo edificio all’altro lato della chiesa, un tacchino zompetta.
Il suono del vento copre ogni rumore.
C’è un’atmosfera sospesa.
Vorrei essere un uccello.
Vorrei essere un uccello.
Da Orikum (un paese bruttarello assai, con un’ampia spiaggia ai suoi piedi, delimitata dalla penisola di Karaburun, che ahimè, non potrò esplorare) si prosegue sulla strada statale per arrivare a Qeparo.
Si deve valicare il passo di LLogara, ad una altitudine di oltre 1000 metri.
Tortuosa, con tratti di pendenza elevatissima, la SH8 è una strada lenta e meravigliosa.
Il paesaggio è straordinario. Dalla montagna al mare in un battito di ciglia.
Per un tratto sembra di essere sulle Alpi, boschi fittissimi, pareti montuose verticali, una frescura pungente.
Poi a serpentina verso il mare, curve che sono balconi sull’azzurro.
La costa da Palase a Qeparo è un susseguirsi di baie, insenature, scorci di spiaggette (chissà come ci si arriva).
Il mare ha tutte le sfumature del blu e dell’azzurro.
Che importa se occorrono due ore per coprire una cinquantina di km.
Vorrei durasse di più.
I paesini che si attraversano però sono affollati di case, di palazzine, di auto, di persone.
Un marasma.
dal castello di Alì Pasha a Porto Palermo |
Porto Palermo è una piccola penisola sulla quale sorge il castello di Alì Pascià, una fortificazione a pianta triangolare, con torri agli angoli. E’ ben conservato e visitabile alla modicissima cifra di 100 lek, poco meno di un euro.
Un asinello con campanaccio bruca tranquillo ai lati del sentiero sassoso che conduce alla fortezza.
Però l’accesso alle spiagge dell’istmo e al castello non è tenuto bene. Scheletri di edifici, forse ex opifici, sterpaglie, una piccola chiesa ortodossa chiusa con catenaccio (appiccicato alla porticina c’è un numero telefonico ) in avanzato stato di degrado, rottami e pezzi di ferro tra i cespugli e il mare.
L’acqua è gelata, freddissima davvero. Rischiando una sincope, comincio ad immergermi.
(piano piano, un centimetro di pelle alla volta. Ma che meraviglia).
A Qeparo il mare non è cristallino come a Porto Palermo, però ha una varietà di colori che impressiona.
Il fondale è basso, e si passa dai sassolini ad una zona a pietre grosse, poi si arriva ad una secca di sabbia sottilissima bianca e soffice e infine, con l’aumentare della profondità, il fondale presenta delle dune con cespuglietti di alghe, tutte regolari.
Sembra un campo seminato.
Un campo subacqueo.
E’ una larga strada pedonale tra il grappolo di case e la spiaggia che prosegue ben oltre l’abitato, seguendo la linea di costa fino alla montagna.
Si inerpica ancora per qualche centinaio di metri e si ferma così, improvvisamente, davanti alla parete rocciosa.
E’ una passeggiata bellissima, soprattutto nella parte più isolata.
Ci sono un ruscello ed un ponte, i ruderi di un vecchio mulino (così traduce google la scritta a vernice sulle pietre di una delle pareti).
dal lungomare di Qeparo |
Un pastore, dalla SH8, attraverso un varco del guard rail conduce il gregge al ruscello.
Dal muretto del lungomare guardo le pecore sfrecciarsi verso il rigagnolo, e poi ubbidienti risalire, al comando del pastore, la piccola scarpata.
Nel mio viaggio non ho incontrato sulla strada mandrie e greggi.
Ho visto alcune mucche libere ai margini della carreggiata.
Una allattava il vitello, un’altra pascolava tra i sacchi di spazzatura aperti fuoriusciti da un cassonetto stracolmo.
Anche galline ho visto razzolare libere tra i rifiuti.
Forse sarebbe stato meglio non vedere.
Syri i kalter è un’altra meraviglia naturale dell’Albania.
E’ una sorgente carsica, un turbine di acque bianche e turchesi e blu che gorgoglia in un lago attorniato da piante lussureggianti.
Sembra davvero un occhio aperto nel lago.
Per quanto le fotografie e i video reperiti in rete possano essere eloquenti [si pensa al ritocco, al fotoshop, ai filtri] - vederla con i propri occhi è tutt’altra cosa.
Ci si arriva attraverso una strada sterrata, qualche chilometro di polverone e rimbalzi di pietre. Sono tanti i visitatori che giungono alla riserva naturale.
Una lunga fila di macchine, così tante che trovare posto nel parcheggio non è semplice.
Anche qualche moto - pochissime ne ho viste sulle strade, su questa ai due motociclisti non basterà una doccia per rimuovere la polvere.
Il lago e il bosco sono bellissimi, ma non ci sono sentieri che ne permetterebbero la visita.
Dal parcheggio, poche centinaia di metri e si è al cospetto dell’occhio, violato da centinaia di tuffatori, di immersionisti, di bagnanti [Non si potrebbe, non si dovrebbe. Ma nessuno frena, nessuno sanziona], scandagliato da migliaia di cellulari e macchine fotografiche, sfondo vorticoso di innumerevoli selfie.
Una folla concentrata sulle rive e abbarbicata sulle strette passerelle e piattaforme, per un mordi e fuggi tra lo spanzamento al mare e la visita di Argirocastro, poco più a Nord.
Ma d'altra parte, una volta arrivati all’occhio blu, c’è poco da fare, se non ammirare la sorgente e percorrere brevi tratti per giungere in uno dei due centri ristoro e lì bivaccare.
[nel breve tratto tra l'occhio e uno dei ristoranti, sulle foglie, quasi mimetizzata con le ali chiuse e strette, una farfalla blu elettrico.
Il suo volo è uno schizzo di colore nell’aria]
Non solo l’occhio, ma tutta la riserva naturale meriterebbe attenzione (e meriterebbe una fruizione molto più ampia e responsabile. Oltre a maggiori controlli, il periplo del lago attraverso dei sentieri diluirebbe, credo, la massa estasiata.)
Zvernec, Porto Palermo, Syri i kalter.
Perle albanesi.
Né irraggiungibili, nè segrete.
Ma il contorno…
Le conchiglie che le contengono dovrebbero essere raschiate dalle incrostazioni.
Viaggio in Albania (1)
paese di aquile e colombe
Viaggio in Albania (2)
imbarchi e sbarchi
Viaggio in Albania (3)
Durazzo Tirana Durazzo
Viaggio in Albania (5)
Berat e Argirocastro.
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