Moneta unica sì o no, euro sì, euro no, blablablablà.
Avevo sottovalutato il problema del cambio.
(la verità non ci avevo proprio pensato)
Al confine tra Austria e Repubblica Ceca, niente controlli niente frontiere: il passaggio è segnato dai chioschetti di vendita di Vignette nonché uffici di cambio.
E’ una gran comodità la moneta unica quando si viaggia: nessun inzallanimiento dovuto alla quantità di spiccioli sfuggiti al controllo, ordine massimo nel portafoglio, riduzione della sanguisugaggine delle banche se si usa la carta di credito, ma soprattutto niente calcolatrice o convertitore per il raffronto dei prezzi.
(a mente non son capace)
E poi, almeno in certi paesi, la strana sensazione di consegnare allo sportello del cambio una banconota e riceverne taaaante , uammamà, e vederle poi consumarsi così rapidamente da sembrare i soldi del monopoli.
Fatto il primo cambio, accattata e azzeccata la seconda Vignette, si entra in Repubblica Ceca.
Non è un passaggio “naturale”, come tra Tirolo e Baviera.
Le case sono più modeste, meno curate, hanno forma più tozza e le pareti esterne sono in pietra nuda, con calce viva a disegnarne i blocchi.
Assembrate, non più sparse.
E non vale il discorso di trattenere la bellezza che giustifica limiti di velocità da tartarughe.
Sembra di stare in pianura Padana.
A metà strada tra Salisburgo e Praga c’è una cittadina il cui castello e centro storico sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO: Český Krumlov.
E’ molto carina, anche perché spunta nella pianura desolata come un colorato funghetto.
Spezza la monotonia e la piattezza.
(Però Bruges...)
E’ un morso di città, ad altissimo tasso di concentrazione turistica.
Il centro è diviso in due tronconi dal fiume Moldava.
La parte più antica è di fatto un’isoletta, con un borgo molto caratteristico che si sviluppa a spirale.
Segno dell’ iperturisticità è il modo in cui il fiume che lo circonda è stato piegato alle esigenze delle attività ludico- ricreative: un sistema di barriere, di dighe, lo rende adatto persino al rafting addomesticato.
Canoe, gommoni, kajak, pedalò, così tanti che manca solo il semaforo.
(L’acqua della Moldava ha il colore del fango. Un fiume marrone)
Primo approccio: visivo.
Secondo approccio: olfattivo/gustativo/tattile/
Subito dopo il ponte di legno che conduce nel borgo, c’è un chiosco che prepara i trdelnik – impronunciabili - dei rotoli di pasta attorcigliati e cotti su dei cilindri roventi e passati caldissimi su zucchero condito con mandorle o altro.
Buonissimi: croccanti e morbidi e cannellosi.
Gnommosisissimi: un trdelnik abboffa quasi come un piattone di lasagne.
Giro sciolto e sfaccendato: ci sono molti begli edifici, uno dove sulla facciata si alternano finestre vere e finestre trompe l’oeil; figuri dipinti fissano con occhio torvo e inquietante i passanti.
Domina l’isoletta la chiesa di San Vito.
Niente visita degli interni: mi hanno inibita i tremila cartelli di divieto ( no foto, no dog, no shorts, no audio, no food – e questi sono solo i primi di una sfilza di almeno 12) ma soprattutto il prete e la perpetuona a guardia dell'ingresso (manco sanpietro).
Accanto alla chiesa c’è una scuola di musica: batteria a tutto spiano, altro che Mozart.
Non c’è tempo per visitare il castello – troppe sosta birra. Ma come resistere? Costa meno dell’acqua, e poco più di un euro, calcolatrice alla mano.
E’ tardi, bisogna ripartire, andare a Praga.
Lo skyline di Praga si erge in lontananza come una New York in salsa boema.
Grattacieli.
E’ strano, dopo tanta campagna.
[Il profilo degli edifici della città vecchia e del ponte Carlo, così caratteristico, così romantico, non si vedono mica da tanto lontano.
La periferia rivela gli anni della dipendenza sovietica e i segni della modernità globalizzata]
Rimpiango il fresco del Tirolo.
Fa caldo, a Praga.
Da piazza San Venceslao fino a Mala Strana, oltre il ponte Carlo, non c’è un edificio che sia uguale ad un altro.
Il fascino dei particolari: portoni, finestre, cuspidi, decorazioni.
La sagoma del turista cartina alla mano e dito indice ritto è uguale sia che si abbiano gli occhi a mandorla e i tacchetti ( come facciano le orientali a turistizzare agghindate come per andare ad un gran galà, quando non sono vestite da manga, resta per me un mistero) sia che abbiano i panzoni e gli short e i calzini nei sandali.
La sagoma del turista singolo, non già intruppato, è immediatamente individuata dai promoter che offrono tour a piedi e motorizzati e gite in battello, in calesse, in carrozza.
Dalla individuazione al bloccaggio e alla marcatura trascorrono pochissimi secondi.
(in cinque minuti quattro assedi)
Due di italiani: propongono un giro gratuito della città vecchia e quartiere ebraico al termine del quale se si è gradito il servizio, si lascia "mancia" alla guida.
Cediamo al primo degli offerenti italiani.
Il giro gratuito è promozionale per proporre altri tour a pagamento: quello enogastronomico, il tour al castello, a Mala Strana, a Terezin.
(Per un attimo ho pensato ai viaggi ai santuari con annessa vendita di pentole. Si butta l’esca per acchiappare il pescione.)
Il manager, a metà percorso, prende le prenotazioni e i soldi per gli altri tour.
Sono curiosa di sapere in che percentuale vengano divisi gli introiti: quanto ai promoter che adescano per strada (al punto convenuto si registrano gli adulti adescati assegnandoli ai promoter) quanto alla guida, quanto dell'offerta libera finale vada alla guida, quanto agli organizzatori.
Però la guida, un ragazzo calabrese, era davvero bravo, come il secondo cicerone, al quarto mese di lavoro: empatici, preparati, disinvolti.
Mi hanno commosso l’entusiasmo, la passione e l’impegno di questi giovani connazionali al lavoro all’estero (spero si divertano anche).
La mancia per il tour gratuito è obbligo morale.
(e visto il servizio, la si lascia molto volentieri)
7 chilometri almeno percorsi con i tour guidati e 7 bottiglie grandi di acqua.
(Fontanelle manco con la bacchetta dei rabdomanti.)
Altrettanti per le scarpinate libere.
I tour toccano gli edifici e le aeree più note di Praga ma lasciano alcuni buchi che bisogna assolutamente coprire.
Come perdersi le case danzanti?
Dalla città vecchia si prosegue a piedi seguendo il fiume: oltre ai bateaux – la crociera sulla Moldava nera eh – una flotta di canoe, gommoni e anche palle dentro le quali si "cammina sull'acqua".
Si entra nella sacca di plastica poi, con una specie di sifone ad aria, stando il pazziariello umano dentro, la si gonfia. Quando è tesa, una sfera perfetta, viene sigillata e il pazziariello umano è libero di rotolare fino all’acqua, dove la palla galleggia e l’umano volteggia.
Bleah, che disgusto stare in un involucro dove chissà chi ha lasciato ogni tipo di schifezza: sudore, bava, sporcizia dei piedi.
(Ma neanche se l'ingegnassi io la palla, perfettamente sterile)
Le case danzanti, inserite tra edifici neoclassici e liberty, ad angolo di una trafficatissima strada, non mi hanno colpito granché.
Sono molto fotogeniche.
Molto invece mi ha impressionato il sincronismo nella piazza della città Vecchia allo scoccare dell’ora dell’orologio astronomico: centinaia e centinaia di mani armate di cellulari si sollevano all’unisono.
Un vero spettacolo, più interessante del movimento delle figure dell’orologio, che passano soltanto davanti alle finestrelle (pensavo facessero capolino come negli orologi a cucù).
Mi ha reso triste il muro di John Lennon.
Il muro, quando in Repubblica Ceca la libertà di espressione era limitata dal regime comunista, era diventato un simbolo di contestazione, più volte i segni e disegni furono rimossi.
Adesso è soprattutto meta turistica, chiunque può inquacchiarci liberamente sopra.
Anche i proprietari dei locali adiacenti per farsi pubblicità, oltre alle bande di ragazzini armati di bombolette: la “trasgressione” permessa.
Quello che si sente di sicuro è un nauseante odore di colori acrilici.
Ciao, bella bellissima Praga. Si riparte, poco dopo l’alba.
Destinazione Cracovia.
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