Salisburgo dista da Reutte poco più di 200 km.
I primi 100 si percorrono su verdi strade curve, tra abeti e abeti e laghi e fiumi e anse, ad un’andatura massima di 40 km orari.
Una lentezza necessaria: la bellezza è tale che non si vorrebbe lasciarla andare via.
Salisburgo è una città natalizia, anche a 40°.
Lo rivelano i tanti negozi che vendono palle stelle e presepietti.
Anzi, una città festiva, che oltre ai gadget natalizi ci sono anche le uova pasquali, che si contendono con le palle natalizie e le palle di Mozart, cioccolattini tondi sul cui involucro spicca il volto del compositore – no, non ne ho assaggiatata neanche una – il primato souveniristico.
Di Salisburgo ricorderò lo spirito musicale: molti musicisti in strada e di strada, molta programmazione di concerti (e mi sono persa anche il carillon della torre, la lentezza dei laghi, eh), molti giapponesi davanti alla casa di Mozart concentrati a cogliere l’aura, Mozart e musica in tutte le salse, anche sotto forma di pane (pani a forma di note e di strumenti musicali).
Ricorderò la fiumana di turisti (molti italiani) nella strada dello shopping, la Getreidegasse.
Ricorderò i molti lucchetti sui ponti. Il ponte Staatsbrücke ne era stracolmo.
I lucchetti, che sto detestando in modo esponenziale, li ho trovati su ogni ponte, a Cracovia, a Praga, a Maribor, dovunque.
A Salisburgo soprattutto lucchetti rossi (natalizi?), il pezzo più esposto insieme alle palle di Mozart e alle altre palle nei negozi di souvenir (quando si dice lo spirito del capitalismo…)
Non credo sia tutta colpa di Moccia, che al massimo arriva a Ponte Milvio.
Piuttosto della globalizzazione della scemità.
Qualcosa di originale invece è la predilezione “tirolese” per le altezze e il vuoto.
All’uscita del garage di Glockengasse, sulla parete rocciosa del monte dei Cappuccini, proprio accanto al parcheggio, si fa free climbing.
Una recinzione alta un paio di metri in metallo separa la parete dalla strada. Tre ragazzi in pantaloncini e torso nudo si arrampicano come l’uomo ragno sulla roccia, senza imbragature, senza casco.
(colti il flagrante nonostante i moniti!)
Considerazione a ritroso.
Una montagna su cui arrampicarsi appena dietro il salotto della città non può prescindere da una “tipica” passiuncella.
Oltre il ponte sospeso “Marienbrücke” che permette di osservare il castello di Neuschwanstein stando su una gola (ahhh, vertigine!), oltre il quieto ponte sulle cime degli alberi del Walderlebniszentrum vicino Fussen,* emblematico è l’Highline 179,** il più lungo ponte sospeso per pedoni in stile tibetano, roba da Guinness dei primati.
400 metri e passa da percorrere ad un’altezza di 114 metri, anche in notturna. Come camminare nel cielo.
(Sono di natura terrestre: solo la minaccia di un temporalone ha scongiurato la possibilità che morissi di infarto sospesa nel vuoto)
Passerelle e scalette addossate alla roccia e ponti sospesi costituiscono il percorso nella splendida forra del Liechtenstein, Liechtensteinklamm, ad un’ottantina di km da Salisburgo.
Di certo il salisburghese non può dirsi povero di bellezze naturalistiche, ma la forra è davvero spettacolare.
L’accesso alla gola si paga (4 euro), ma vale assolutamente la pena, perché prospettive così, nel cuore della montagna, se non ci fosse il percorso - fattibile anche per bradipi mollaccioni come me – e per vecchiardi con bastone, nonostante certe scalette strette strette e ripide ripide - , le si potrebbero godere solo essendo uccelli, rapaci o free climbisti.
Il rombo dell’acqua è l’unico suono, un suono dalle modulazioni diverse (altro che pioggia nel pineto) fino allo scrosciare della cascata.
Peccato per le nuvole: sicuramente il sole conferisce ai riverberi dell’acqua luccicanze e brillantezze da incanto.
A metà strada tra la forra e Salisburgo, la fortezza di Hohenwerfen.
Arroccatissima sulla montagna, si può scegliere tra raggiungerla a piedi (non so se lungo il percorso ci siano defibrillatori, immagino di sì) o servirsi dell’ascensore che è accanto alla biglietteria.
Una funivia, ma così verticale da meritare l’appellativo di ascensore.
Anche nella fortezza è possibile visitare le stanze interne solo con la guida ad orari stabiliti, ogni ora esatta.
Guida tedesca, ma audioguide in tante lingue diverse (segui il gruppo ascoltando l’audioguida)
Della fortezza mi ha impressionato un particolare pulpito presente nella cappella: lo sguardo in anticipo sulla spiegazione della voce registrata aveva già formulato ipotesi fantascientifiche, o post moderne, o vagamente horror sul braccio che spunta dal pulpito brandendo un crocifisso.
(contro l’invasione di vampiri)
Nella fortezza è possibile assistere alla dimostrazione del volo dei falconi, coi falconieri in abiti d’epoca: fa un certo effetto vedere i rapaci, da quelli di piccola stazza a quelli di misura gigantesca, gli ultimi quasi aeroplani – è pur sempre uno show ooohhhh! - poggiarsi docili sulle mani degli addestratori, e poi spiccare voli in verticale.
Aquiloni viventi tra il cristallo azzurro del cielo e la cartavetrosità grigia delle montagne.
A terra sembrano dei tacchini, goffi, quasi ridicoli.
Ci sono creature nate per volare.
Aquiloni viventi tra il cristallo azzurro del cielo e la cartavetrosità grigia delle montagne.
A terra sembrano dei tacchini, goffi, quasi ridicoli.
Ci sono creature nate per volare.
Per avere un’idea della storia della fortezza (e della vena ironica tirolese, che mi ha davvero sorpreso), si faccia clic sul video:
mbé? dove sta la foto con te che "saetti, fili e sfrecci" come un camoscio sull'Highline 179?
RispondiElimina:)
Anonimo, ti ringrazio per aver usato il paragone con il camoscio piuttosto che con la capretta, ma la minaccia del temporale mi ha impedito di saettare, filare e sfrecciare (e urlare e bestemmiare). Niente esperienza personale diretta sull'Highline 179 :)
RispondiEliminaIl ponte tibetano io non me lo farei scappare. Deve essere una roba da sprizzare adrenalina da ogni poro. Bello.
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