Mi hanno regalato questo libro in estate.
Durante le ferie estive non lo avrei letto manco se mi avessero pagato.
(staccarelaspinafarfintadiessereunidraulico)
Ora che sono tornata ad annegare nel caos e nell'incertezza del dopo riforma, ho deciso di.
Tanto, quando si sta nell'acqua, aggiungendone un bicchiere non è che cambi molto.
(però se avessi saputo delle parole di stima dell'autore verso Renzi, una bella nota a piè di pagina, l'avrei proprio suffunnato).
Recalcati comincia con una pacca sulla spalla alla categoria scamazzata e confusa degli insegnanti, “messi al margine della società, umiliati economicamente e professionalmente e, nello stesso tempo, convocati paradossalmente a esercitare sempre piú la funzione di supplenti di un discorso educativo che sembra non aver piú sostegno né nelle famiglie né nelle istituzioni.”
Continua individuando le cause dello “smarrimento della scuola” nella sua attuale connotazione neoliberista, che elogia il “… primato del fare, e sopprime, o relega in un angolo stretto, ogni forma di sapere non legato con evidenza al dominio pragmatico di una produttività concepita in termini solo economicistici (per esempio, la filosofia o la storia dell’arte alle superiori). Garantire l’efficienza della performance cognitiva è divenuta un’esigenza prioritaria che risucchia le nicchie necessarie del tempo morto, della pausa, della deviazione, dello sbandamento, del fallimento, della crisi.”
E fin qua, siamo d’accordo.
Molto d’accordo.
Considera poi la vocazione della scuola nel tempo, utilizzando idee e concetti di derivazione psicoanalitica, e delinea, in base alle caratteristiche della trasmissione del sapere, tre modelli: Scuola-Edipo, Scuola-Narciso , Scuola-Telemaco.
........
[Mi chiedo se Freud e Lacan abbiano mai pensato che si possa psicanalizzare la qualunque. Mi aspetto in un futuro non lontano persino una disamina in chiave psicoanalitica del brod’è purp e della parmigiana di melanzane.]
Arriva infine a individuare quella che dovrebbe essere la vera missione della scuola.
L'erotica dell'insegnamento.
“Rendere il sapere un oggetto in grado di muovere il desiderio, un oggetto erotizzato capace di funzionare come causa del desiderio, in grado di spostare, attirare verso, mettere in movimento l’allievo”
Ohh, e cribbio, eccerto, e ci mancherebbe!
Aspetto con ansia che Recalcati mi fornisca suggerimenti, consigli, appigli, su come rendere erotica la mia ora di lezione – le mie tante ore di lezione -, ammesso che non abbia la presunzione di considerare già le mie prestazioni didattiche altamente erotiche.
Affatanti, anzi.
[Ho sempre cercato di affatare i ragazzi . Son piccolini, posso solo affascinarli, poi con il tempo, forse… mi dico]
“Il dono più grande del maestro non è il dono del sapere ma quello di saper “tacere l’amore”.
Questo dono è il più prezioso perché non vincola l’allievo ad alcuna obbedienza, ma lo lascia sempre libero di andarsene, di separarsi dal maestro.”
Saper tacere l’amore, scoprirò più avanti nella lettura - perchè all'inizio ho pensato e checazz, senza passione come si fa? io non ci riesco a fare le cose se non sono mossa da passione, la passione è contagiosa, i ragazzini l'avvertono, ed è secondo me l'unico modo per rendere erotica l'ora di lezione - significa non prevaricare con il proprio pensiero e le proprie passioni i pensieri divergenti.
E anche qui ci siamo. Mi pare di essere l’insegnante perfetta.
[E perchè non sono salva dalle frustrazioni?]
Ma se da un lato l’analisi degli aspetti negativi della scuola “smarrita” sono condivisibili - palesi e ovvi, almeno per chi nella scuola lavora -, dall’altro non esiste in realtà nessuna ricetta, nessun metodo, nessun appiglio, nessuna proposta che possa far ritrovare un senso alla Scuola.
L'erotica dell'insegnamento non può farsi cifra di un cambiamento globale: la capacità di rendere erotico il sapere non la si matura con i corsi di formazione, con le riforme, con le teorie blabla.
La capacità di rendere erotico il sapere c’è o non c’è.
Non è contrattabile, non è estendibile.
“Sono i maestri che non scordiamo, quelli che hanno lasciato un’impronta indelebile dentro di noi. E’ l’etimo del verbo insegnare: lasciare un’impronta, un segno, nell’allievo.”
Si dovrebbe postillare che non scordiamo neanche quelli che hanno lasciato un’impronta in negativo [io lo so perché detesto la matematica.
Magari il “fascino erotico” del metodo di insegnamento delle mie prof. di matematica ha fatto breccia in senso positivo nella testa e nel cuore di qualche altro allievo]
Inoltre, non tutti i discenti hanno lo stesso rapporto con “l’erotismo”.
C’è chi soffre del vuoto, c’è chi si sfasteria appena comincia la sfida - o il cocco ammunnato e 'bbuon o niente oggetto del desiderio.
Il rapporto tra insegnante e allievi è sempre uno a uno, in entrambe le direzioni, anche quando sembra uno a molti.
E poi, capita che si inneschino dei meccanismi assolutamente non configurabili come paradigmatici per risolvere il dramma della scuola smarrita.
E' lo stesso Recalcati a darne testimonianza.
L’ultima parte del saggio è dedicata al ricordo di Giulia, professoressa di lettere dell’istituto di agraria frequentato dall’autore.
“In quegli anni sei stata, Giulia, il mio amore segreto, il pane, la scodella del caffellatte, la sciarpa, le scarpe, i quaderni di appunti, i miei libri, i miei dischi, le prime infatuazioni letterarie, l’interlocutrice silenziosa che accompagnava i miei pensieri, la voce che dolcemente mi invadeva, il volto e lo sguardo che mi riempivano.”
E’ il ricordo dolcissimo e struggente di un’infatuazione, di un amore adolescenziale, non dell’amore verso il sapere.
(anche a me piacevano la voce e le parole del professore di italiano del liceo artistico , barba e capello scompigliato – ragazzi, la rivoluzione! – , e può anche darsi che la sua presenza mi abbia spinto a scegliere la facoltà di lettere e non quella più ovvia di architettura.
Salvo poi subire un piccolo trauma quando volli incontrarlo qualche anno dopo la maturità, nel rendermi conto che aveva confuso, lui il professore, il mio interesse intellettuale con qualcosa di altro.
Rattuso. )
Giunta alla fine del libro chiedo: e dunque Recalcati?
Come la mettiamo con la scuola smarrita?
Che facciamo?
Scettica e perplessa (assai perplessa) resto.
Durante le ferie estive non lo avrei letto manco se mi avessero pagato.
(staccarelaspinafarfintadiessereunidraulico)
Ora che sono tornata ad annegare nel caos e nell'incertezza del dopo riforma, ho deciso di.
Tanto, quando si sta nell'acqua, aggiungendone un bicchiere non è che cambi molto.
(però se avessi saputo delle parole di stima dell'autore verso Renzi, una bella nota a piè di pagina, l'avrei proprio suffunnato).
Recalcati comincia con una pacca sulla spalla alla categoria scamazzata e confusa degli insegnanti, “messi al margine della società, umiliati economicamente e professionalmente e, nello stesso tempo, convocati paradossalmente a esercitare sempre piú la funzione di supplenti di un discorso educativo che sembra non aver piú sostegno né nelle famiglie né nelle istituzioni.”
Continua individuando le cause dello “smarrimento della scuola” nella sua attuale connotazione neoliberista, che elogia il “… primato del fare, e sopprime, o relega in un angolo stretto, ogni forma di sapere non legato con evidenza al dominio pragmatico di una produttività concepita in termini solo economicistici (per esempio, la filosofia o la storia dell’arte alle superiori). Garantire l’efficienza della performance cognitiva è divenuta un’esigenza prioritaria che risucchia le nicchie necessarie del tempo morto, della pausa, della deviazione, dello sbandamento, del fallimento, della crisi.”
E fin qua, siamo d’accordo.
Molto d’accordo.
Considera poi la vocazione della scuola nel tempo, utilizzando idee e concetti di derivazione psicoanalitica, e delinea, in base alle caratteristiche della trasmissione del sapere, tre modelli: Scuola-Edipo, Scuola-Narciso , Scuola-Telemaco.
........
[Mi chiedo se Freud e Lacan abbiano mai pensato che si possa psicanalizzare la qualunque. Mi aspetto in un futuro non lontano persino una disamina in chiave psicoanalitica del brod’è purp e della parmigiana di melanzane.]
Arriva infine a individuare quella che dovrebbe essere la vera missione della scuola.
L'erotica dell'insegnamento.
“Rendere il sapere un oggetto in grado di muovere il desiderio, un oggetto erotizzato capace di funzionare come causa del desiderio, in grado di spostare, attirare verso, mettere in movimento l’allievo”
Ohh, e cribbio, eccerto, e ci mancherebbe!
Aspetto con ansia che Recalcati mi fornisca suggerimenti, consigli, appigli, su come rendere erotica la mia ora di lezione – le mie tante ore di lezione -, ammesso che non abbia la presunzione di considerare già le mie prestazioni didattiche altamente erotiche.
Affatanti, anzi.
[Ho sempre cercato di affatare i ragazzi . Son piccolini, posso solo affascinarli, poi con il tempo, forse… mi dico]
“Il dono più grande del maestro non è il dono del sapere ma quello di saper “tacere l’amore”.
Questo dono è il più prezioso perché non vincola l’allievo ad alcuna obbedienza, ma lo lascia sempre libero di andarsene, di separarsi dal maestro.”
Saper tacere l’amore, scoprirò più avanti nella lettura - perchè all'inizio ho pensato e checazz, senza passione come si fa? io non ci riesco a fare le cose se non sono mossa da passione, la passione è contagiosa, i ragazzini l'avvertono, ed è secondo me l'unico modo per rendere erotica l'ora di lezione - significa non prevaricare con il proprio pensiero e le proprie passioni i pensieri divergenti.
E anche qui ci siamo. Mi pare di essere l’insegnante perfetta.
[E perchè non sono salva dalle frustrazioni?]
Ma se da un lato l’analisi degli aspetti negativi della scuola “smarrita” sono condivisibili - palesi e ovvi, almeno per chi nella scuola lavora -, dall’altro non esiste in realtà nessuna ricetta, nessun metodo, nessun appiglio, nessuna proposta che possa far ritrovare un senso alla Scuola.
L'erotica dell'insegnamento non può farsi cifra di un cambiamento globale: la capacità di rendere erotico il sapere non la si matura con i corsi di formazione, con le riforme, con le teorie blabla.
La capacità di rendere erotico il sapere c’è o non c’è.
Non è contrattabile, non è estendibile.
“Sono i maestri che non scordiamo, quelli che hanno lasciato un’impronta indelebile dentro di noi. E’ l’etimo del verbo insegnare: lasciare un’impronta, un segno, nell’allievo.”
Si dovrebbe postillare che non scordiamo neanche quelli che hanno lasciato un’impronta in negativo [io lo so perché detesto la matematica.
Magari il “fascino erotico” del metodo di insegnamento delle mie prof. di matematica ha fatto breccia in senso positivo nella testa e nel cuore di qualche altro allievo]
Inoltre, non tutti i discenti hanno lo stesso rapporto con “l’erotismo”.
C’è chi soffre del vuoto, c’è chi si sfasteria appena comincia la sfida - o il cocco ammunnato e 'bbuon o niente oggetto del desiderio.
Il rapporto tra insegnante e allievi è sempre uno a uno, in entrambe le direzioni, anche quando sembra uno a molti.
E poi, capita che si inneschino dei meccanismi assolutamente non configurabili come paradigmatici per risolvere il dramma della scuola smarrita.
E' lo stesso Recalcati a darne testimonianza.
L’ultima parte del saggio è dedicata al ricordo di Giulia, professoressa di lettere dell’istituto di agraria frequentato dall’autore.
“In quegli anni sei stata, Giulia, il mio amore segreto, il pane, la scodella del caffellatte, la sciarpa, le scarpe, i quaderni di appunti, i miei libri, i miei dischi, le prime infatuazioni letterarie, l’interlocutrice silenziosa che accompagnava i miei pensieri, la voce che dolcemente mi invadeva, il volto e lo sguardo che mi riempivano.”
E’ il ricordo dolcissimo e struggente di un’infatuazione, di un amore adolescenziale, non dell’amore verso il sapere.
(anche a me piacevano la voce e le parole del professore di italiano del liceo artistico , barba e capello scompigliato – ragazzi, la rivoluzione! – , e può anche darsi che la sua presenza mi abbia spinto a scegliere la facoltà di lettere e non quella più ovvia di architettura.
Salvo poi subire un piccolo trauma quando volli incontrarlo qualche anno dopo la maturità, nel rendermi conto che aveva confuso, lui il professore, il mio interesse intellettuale con qualcosa di altro.
Rattuso. )
Giunta alla fine del libro chiedo: e dunque Recalcati?
Come la mettiamo con la scuola smarrita?
Che facciamo?
Scettica e perplessa (assai perplessa) resto.
Non l'ho letto e credo che non lo farò.
RispondiEliminaDalla quarta di copertina ho subito pensato che lui si fosse preso una cotta per questa Giulia e volesse universalizzare il discorso dell'erotica... ma non amo molto la psicologia.
Se non ami la psicologia fai bene a non leggere questo libro.
EliminaPer lunghi tratti mi è sembrato quasi un esercizio di applicazione delle teorie psicoanalitiche al rapporto insegnante/discente. ;)