Salonicco, la principale delle città macedoni, è strana.
Anzitutto nel nome.
Per i greci è Tessalonica, non Salonicco.
E’ ambiziosa – ma lo sono, in piccolo, anche le altre –, boulevardizzata– penso al lungomare, una lunghissima passeggiata dove si cammina, si guarda il mare, si va in bici o in skate e si può fare poco altro, un selfie davanti alla statua equestre di Alessandro Magno o agli Ombrelli di Zongopoulos, e penso anche alle stradone parallele che sembrano spaccare in due la città: dall’ana polis, la città vecchia e alta, fino a piazza Aristotele, uniformata dalle facciate degli edifici che la racchiudono.
Quasi tutto nuovo, dopo l’incendio che distrusse la città nel 1911.
Però il passato – non solo quello remoto – il cantiere degli scavi del foro romano è un fermento – anche il prossimo, fatto di urbanizzazione selvaggia, di case appoggiate a case e ad altre ancora, di catapecchie che rinnovano le finestre e conservano il tetto in lamiera, sbuca da ogni angolo.
Tuttavia Tessalonica ha un fascino indecifrabile.
E’ un fascino immotivato come il rito del guardare il tramonto, che spinge tante, ma tantissime persone a radunarsi sulle scale seminascoste che portano alla città vecchia, sulle mura del castello, alcune correndo manco stessero per perdere il treno, l’attimo fuggente che si rinnova ogni giorno, e stare lì, da soli o in gruppo, a guardare la luce arancione obliqua scivolare sulla città.
Kavala sembra riprodurre in piccolo le contraddizioni di Salonicco: un lunghissimo lungomare, le mura delle fortezza e il poco che ne resta a dominarlo dall’alto.
Una velleitaria fontana con giochi di acqua e luce nella piazza principale della città nuova.
Il grande acquedotto romano stride – e si impone - tra gli edifici moderni e le case che sono incastonate in alcune sue arcate.
Xanthi è una cittadina universitaria, che ha vissuto la sua belle époque tra le due grandi guerre grazie al commercio del tabacco.
Una città ponte tra Macedonia e Tracia, e in senso ancora più lato tra ovest ed est, dove la convivenza etnica era (è?) la norma, e dove l’abito tradizionale e i comuni mestieri nascondevano le differenze tra ortodossi, musulmani, ebrei.
Ora sono i tanti hijab a rivelarne la multiculturalità.
Dopo la seconda guerra mondiale la decadenza.
La memoria è affidata alla mappa della città, che segna in giallo gli edifici più antichi e al museo di storia e di folklore, ospitato in uno tra i pochi palazzi signorili che non sono chiusi e abbandonati, ma ancora di più alla abnegazione dell’unico dipendente che abbiamo incontrato: accoglie ogni singolo visitatore o piccolo gruppo a cui spiega la storia della città e del museo stesso.
In inglese, of course, molto lentamente, of course.
Mentre due persone girano tra le stanze, il solerte funzionario stacca il biglietto per i tre che hanno finito la visita e si appresta a ricominciare il racconto per i nuovi due ospiti.
Sette visitatori in due ore, un registro delle firme che rivela quasi solo lettere greche.
Edessa è su un altopiano non lontano dai monti Voras, confine naturale con la Macedonia del Nord.
E’ una città attraversata dal fiume Edesseos, le cui acque scorrono in canali tra le strade cittadine e si radunano in suggestive cascate.
Il parco delle cascate è un luogo ameno, non lontano dal “quartiere” Varosi, il piccolo agglomerato di case che testimoniano la lunga dominazione ottomana, anche se quelle meglio conservate sono state massicciamente restaurate.
Il parco delle cascate è un “giardino” cittadino, un luogo aperto dove poter passeggiare a tutte le ore.
A pagamento e in orari determinati è possibile visitare alcuni piccoli musei e la “cava”, la grotta: dieci passi oltre il gabbiottino in cui è rinchiusa l’addetta alla vendita del biglietto di ingresso e non si va oltre. Una piccola cavità nella quale ammirare a distanza ravvicinatissima il gocciolare dell’acqua sulle stalattiti.
Il via/vai nel parco, molto contenuto in verità, si ferma alle prime due terrazze: man mano che si scende aumenta la trascuratezza: la scalinata in pietra è aggredita dalla vegetazione e dalle zanzare.
Ed è un peccato, perché le due cascate gemelle sono quasi più belle di quella principale.
Verghina e Loutra Pozar. Luoghi ameni.
Verghina è una frazione di Veria, poche casette e campi coltivati ai bordi di un un micro reticolo di stradine. Ma sotto la terra gialla ci sono tesori.
Gli scavi archeologici in quest’area identificata come l’antica Aigai, capitale del regno Macedone, hanno una storia non molto remota.
Negli ultimi anni del secolo scorso è stata portata alla luce la necropoli, cuore del Sito Archeologico delle Tombe Reali.
Il sito si espande in tutta l’area circostante: i resti del palazzo reale, del teatro, dell’acropoli, il cui attraversamento sotto il sole a +40° richiede uno spirito da Indiana Jones, ma imperdibile e poco faticosa (anzi freschissima) è la visita del museo, costruito sotto il grande tumulo dove è anche la Tomba di Filippo II, il padre di Alessandro Magno.
Sotto la montagnella dunque il museo, i cui spazi, corridoi, stanze, sono definiti dalle tombe.
Nelle vetrine e nelle teche vi sono i corredi funerari e altri reperti, ed è impressionante la fattura delle piccole sculture in marmo e degli oggetti in oro, lamine finissime intagliate con stupefacente precisione naturalistica.
Le terme di Pozar - circa 30 km a nord di Edessa - sono un’incantevole Spa naturale.
Le sorgenti termali sono state “convogliate” anche in una struttura, ma i benefici dell’acqua – fiume, cascatelle, pozze calde e pozze fredde, oltre alla non trascurabile frescura data dagli alberi, sono alla portata di tutti perché l’accesso al “bosco” è gratuito.
Nell’area ci sono un bar, un ristorante, le toilette e persino le docce, ma nulla impedisce di piazzare tavolino e sedie e fare un pranzetto piedi in ammollo sulla riva del fiume.
Alla modica cifra di 2 euro a persona per 30 minuti si può entrare in una delle due piscine esterne, vasche in pietra, con acqua calda, caldissima. (entrata molto più agevole rispetto a quella nelle pozze formatesi naturalmente nel letto del fiume).
Sentieri di trekking partono dalla terme.
No, non li ho percorsi.
La goduria delle chiare fresche e calde acque mi ha trattenuto e intrattenuto in ammollo a lungo, molto a lungo.
C’è in Italia un posto così, gratuito, con tanti servizi e poco affollato? Dubito, così come non ci sono in spiaggia lettini e ombrelloni gratuiti per i clienti che ordinano anche solo un frappè.
Non posso che esser ancora una volta contenta di aver potuto varcare i confini, di aver potuto scegliere dove andare.
Soprattutto andare.
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