martedì 5 luglio 2011

Golconda (Golgota)

Ho aperto la finestra, stamattina.
Non entrava il sole,  eppure era  ben oltre l’alba.
Tutte le finestre chiuse, tutte uguali, tutte della stessa dimensione.
(La dimensione omologante della città)
Cosa c’è dietro le finestre? Non posso sbirciare, le tende sono chiuse. Dovunque sono chiuse.

Le finestre sono uguali, anonime. Eppure c’è  movimento,  lo so, dietro quelle tende e dietro quei vetri.
E dietro quelle  croci.
Una finestra, una croce.
(Golgota, non Golconda)

Oggi pioverà, forse.
E si andrà al lavoro,  stretti nelle strade e nella  folla,  anonimi dietro  il colletto della camicia e il tesserino. Sotto il mio, il tuo, il suo , il loro  cappello a bombetta staranno chiusi i pensieri, come dietro le croci dei vetri delle finestre.
Golconda, è la città indiana dell’oro e della luce. Ma non c’è luce, oggi. Solo un cielo grigio.  Sembra che voglia piovere.  Sarà una pioggerella fitta e fine, gocce tutte uguali e ritmiche.
Sembra che voglia piovere, oggi.
L’aria è stagnante,  come in attesa.  Con le nostre bombette, omini ini ini,  indifferenti gli uni agli altri, chiusi nelle nostre divise, non protetti dal vetro e dalle tende delle nostre finestre, saremo come sospesi,  né in cielo né in terra, anche se parremo muoverci, scendere, salire (fare agire).
E’ ora di andare.
Piove, adesso.  


[Chissà a cosa pensava Magritte quando ha dipinto Golconda.
A me non fa venire bei pensieri.]

3 commenti:

  1. Forse è proprio quello che ha pensato anche Magritte !

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  2. Ai tempi in cui Magritte (artista tra i miei prediletti) lavorava a questa e ad altre simili opere, aveva negli occhi i modi severi e austeri della società nord-europea (belga in particolare, ma non soltanto quella), in cui tutti i professionisti rispettabili dovevano essere impeccabili nei loro abiti scuri, e dalle case si poteva sbirciare il mondo solo tenendo le finestre decentemente chiuse. Oggi quelle caratteristiche non appartengono solo a un pezzo definito d'Europa, tutti siamo stati contagiati, anche se da qualche parte ci ostiniamo a sembrare più casual e importuni fracassoni (Italia?). Se ci permettiamo ancora di essere "discoli", sappiamo però di essere fuori norma e ci sentiamo in colpa. Così Magritte ha forse preceduto la diffusione di certi sogni, che si potrebbero anche, a seconda della giornata e dei colori, definire incubi. Incubi della civiltà, curvature paradossali della ragione, non so...

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  3. E' colpa del fatto che fu la locandina di una Neverland di settembre. A me ricorda una metropoli e la city...

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