venerdì 8 luglio 2011

Tacchi a giglio d'oro

E' bellissimo camminare scalzi.
Sul pavimento freddo in estate e d'inverno sui listelli di parquet, sulla sabbia (sentire i granelli che s'accoccolano sotto i piedi; sollevare scintille quando è calda calda, fare le impronte vicine vicine sul bagnoasciuga o imprimere solo i talloni  - orme - o solo le dita  camminando sulle punte)
Il piedino si racconsola, tocca, diventa un'appendice tattile.
E delle scarpe - che brutta parola, dura e tosta, sc e rp, già il suono comunica costrizione - se ne fa di necessità virtù.
Feticcio quasi.
Soprattutto, n'est pas, le scarpe da donna. (oh, cenerentola e la scarpina di cristallo)
Nessuna antropologia della calzatura, ma certamente nell'immaginario collettivo moderno, una scarpa con tacco alto altissimo fa di una femmina una femmina più femmina delle altre.
(can you leave your  shoes on)

Mai portati i tacchi, ma c'è sempre una prima volta nella vita. (mai dire mai).
Le ho viste, tra gli infradito con i corallini e le ciabatte decorate. Bellissime. Sinuose ed eleganti e altissime. Tacchi come stiletti, guglie gotiche.
Ho provato un desiderio irresistibile, una  libidine violenta.
Mi sono seduta sul puff e le ho calzate. Uà, che piede fascinoso, mi son detta. (una  curva sinottica).
Una signora traccagnottella mi guardava.
Per alzarmi in piedi mi son dovuta mantenere alla parete, ma che spettacolo!
Mi sono sentita  rinata a nuove vertiginose prospettive.
(la signora ha alzato la capa per continuare a guardare)
Una sensazione strabordante di dominio. (ah! anche i tacchi hanno un loro perchè!)
Un passo, due, tre. Lenti, lentissimi, ondeggiatura obbligata, sedere stretto.
Le compro.
Appena entro in casa, scalcio i ciabattoni e me le riprovo.
Mi muovo  con fare distaccato e leggiadro.
(il lavello è bassissimo, arrivo alla piattaia senza sollevare le braccia.)

Pochi metri. Comincio ad avvertire un formicolio alle dita dei piedi, un irrigidimento del polpaccio.
Il formicolio trenta passi dopo diventa  un fiorire di stelline.
Avverto nitidamente l'intero flusso sanguigno dirigersi verso i piedi, martellare con fare insistente le dita già semiatrofizzate.
Non ondeggio più, barcollo.
Immagino le ossa dei piedi torcersi, incriccarsi, deformarsi.
Come una donna cinese dal loto d'oro.
Minchia, in Cina ci è voluto un decreto imperiale per impedire l'usanza.
Qui è questione di scelte.

Rimuovo i trampoli, che delizia il pavimento fresco, le dita che riprendono a muoversi, il muscolo del polpaccio si distende.
Me le guardo, le scarpine charmant, le contemplo.
Non sono  state un incauto acquisto.
Posso sempre usarle come arma impropria.
[Un colpo di tacco pugnale ben assestato, marò!]

Sono pur sempre una donna coi piedi per terra.

3 commenti:

  1. ..oppure tenerle come soprammobile. Ci sono delle scarpe che sono opere d'arte in sé.
    E i piedi? I piedi stanno meglio per terra...

    RispondiElimina
  2. Capito qui per la prima volta, e mi trovo un post come questo. Lo leggo avidità, io che se potessi camminerei scalza per il mondo sempre. Io che, visto che posso, d'estate nel paese-che-è-casa cammino scalda anche sull'erba, nella vigna e nel brecciolino (gamma di sensazioni da aggiungere alle tue). Io che, infine, provo per alcune scarpe col tacco alla Minnie la stessa attrazione/repulsione che così ben descrivi. Per restare poi coi piedi a terra, tristemente (o felicemente) anch'io.
    Complimenti!

    RispondiElimina
  3. Per me, i tacchi 12 restano uno dei tanti e più imperscrutabili misteri femminili:
    ma come si fa?
    ... a portarli....e per una giornata intera....e a correrci sopra....
    come si fa?

    RispondiElimina