mercoledì 2 novembre 2011

La casa di Bernarda Alba: grotta, tomba, covo di vipere.


Il Mercadante è un teatro piccolo.
Non ricordavo il boccascena riempito da  una gradinata  su cui sono schierate file di poltroncine in plastica rosse.  
O lo hanno ampliato, oppure è una scelta scenografica fatta ad hoc per la Bernarda.
Le attrici  dunque recitano su una passerella, al centro. 
Recitano nel cuore della casa, tutta bianca, eppur c'è sempre da strigliare e pulire.
Vicini vicini vicini, a star seduti nelle prime file della platea  basterebbe allungare una  mano e afferrare la caviglia delle attrici.
Schiava della perenne distrazione, non ho potuto  fare a meno di soffermarmi sulle facce del pubblico  di fronte, tranne quando la scenografia prevedeva una sorta di tendina che "oscurava" la scena, nascondendo completamente  il pubblico di fronte. 
E che strano vedere le attrici chinarsi da ambo i lati, per accogliere l'applauso conclusivo,  schiena e suo fondo  una volta, capo chino un'altra.
Comunque.

Passato il tempo della distr-azione, la piece si sedimenta.

"La casa di Bernarda Alba", è  uno degli ultimi lavori  di Federico Garcia Lorca, prima che venisse ucciso  nel 1936. 
Una rappresentazione di una  cupezza angosciosa e angosciante, accentuata dal  coro di donne vestite a lutto, una sfliza di zì monache,  che cantano canzoni di chiesa e come ali nere e lente spostano gli oggetti di scena. 
(Brave tutte, le attrici, ma più di ogni altra, la Maria Grazia Mandruzzato, la serva La Ponzia, una forza espressiva davvero straordinaria.)

A solcare la scena ci sono solo donne. 
Ma la  presenza degli uomini, il morto e il vivo,  pur nella assenza scenica, è invasiva e ingombrante.
Tante donne per descrivere una società maschilista e oppressiva.
Il morto,  con il funerale del quale inizia lo spettacolo, è il marito di Bernarda.
Il morto genera 8 anni di lutto e trasforma la casa in una gabbia, in  un sepolcro per le 5 figlie e anche per la nonna pazza.
Ma è la Madre a deciderlo.

Il vivo è Pepe, il ragazzo più bello del paese (e cazzarola, avrei voluto vedere quant'era bello stu mobile, e invece manco la voce fuori scena si sente).
Il vivo vuole la dote, punta la figlia  maggiore di Bernarda, nata dal primo matrimonio, l'unica che ci ha i sordi, ma non la giovinezza, nè la grazia, nè la bellezza. 
Il vivo vuole l'ammore, punta la figlia minore di Bernarda, che se ne frega delle chiacchiere e dei comandamenti, segue la pulsione, l'istinto, amore e morte.
La casa di Bernarda diventa un crogiuolo di rancori, di invidie, di dolore. 
Ma che nessuno sappia, mai.
La censura dei sentimenti e della libertà, sotto un velo opaco e torbido.
Per opera della Madre.


Sicuramente la storia è denuncia di un tempo e di uno spazio e di una mentalità, oltre ad essere  metafora delle dittature fasciste. 
Ma.
Non ho potuto fare a meno di pensare - altro che  angeli del focolare - a quanto spesso le madri si facciano custodi e vestali dell' orrore. 
Anche quando sollecitano  le proprie figlie a partecipare ai  bunga bunga.




1 commento:

  1. Ora un bunga bunga, un tempo, a volte, ne favorivano la prostituzione anche.
    Ma che differenza.
    In questo ultimo caso lo facevano per necessità e bisogno. Spesso prostitute loro stesse non avevano altra possibilità (non vedevano altro futuro) che destinare le loro figlie al loro stesso mestiere.
    Oggi la sollecitazione viene in famiglie non certo bisognose, ma avide, di un'avidità sbavante e disgustosa.
    spalluzza

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