Il Mas è un museo il
cui acronomino manco google translate riesce a tradurre.
Museum aan de Stroom.
E’ un museo particolare: etnografico, antropologico e
marittimo, dicono qui.
Mi ha riportato ad una vita fa, quando volevo fare
l’antropologa e/o museografa.
(astronauta mai)
Mi ha spinto a
ripescare tra i reperti storici della stanza delle memorie a casa di
mammà i fascicoletti della tesi di laurea.
(marò, e che bibliografia immensa, cazzarola, facevo sul
serio. Minchia, che terribile fine fanno i titanici sforzi. Tra la polvere)
Tutte quelle che erano
entanni fa le teorie più avanzate su cosa e come debba essere un museo
di civiltà le ho viste concretizzate nel Mas.
Senza stare a peliare con le citazioni bibliografiche (e mò
saranno pure obsolete, tant’è, il tempo del
sapere si fermò poco dopo), e prima che
mi torni lo sturbo da fallimento di ideali, ritorno coi passi della memoria
alle impressioni della visita.
Sbucando da una strada laterale, il gigantesco fungo rosa
con le vetrate a canna d’organo ha un impatto visivo
straordinario.
Immagino la goduria degli architetti.
La struttura, che riempie buona parte della darsena, non è
costituita dalla sola torre. Vi sono una
piazza, degli edifici coi porticati e sullo scivolo vascello in legno giocano
bambini accompagnati da madri in minigonna e da madri in burka.
La caffetteria al piano terra, almeno negli spazi
aperti, è affollatissima.
Il biglietto, concretizzato da un braccialetto di carta che
le hostess del botteghino chiudono
attorno al polso dei visitatori paganti, permette l’accesso ad alcune sale.
Per il resto, l’entrata è libera.
Al nono piano c’è un ristorante, e al decimo la terrazza
panoramica.
Ho pensato che per guardare il panorama della città a 360°,
a Parigi si può salire sulla tour Montparnasse, pagando 13 euro per farsi schizzare in alto da un
ascensore ultramoderno.
Vabbuò che sono un’esagerazione di piani, però.
Al Mas, il panorama della città è bene pubblico
gratuito.
Al secondo piano
della torre, accesso free, stoccati
in vetrine, in scaffali protetti da griglie di metallo, in cassetti e
mobili apribili, ci sono oggetti che non hanno trovato ancora una collocazione museografica.
(un'enorme quantità)
(un'enorme quantità)
C’è la qualunque: armi, acquerelli, teiere, maschere
tribali, burattini, vasi, carte geografiche, giocattoli, manufatti
artistici e artigianali di ogni genere e provenienza, diligentemente inventariati ed etichettati.
Non ci sono polvere e ragnatele, né segreti.
Il deposito visibile a tutti.
(Uammamà.)
Al primo piano vi è
la sala delle esposizioni temporanee che ospita
opere di artisti contemporanei.
In realtà tutte le pareti interne degli spazi non espositivi
del museo sono “graffittate”, anche quelle che costeggiano le scale mobili.
(sarei rimasta ore a guardare di piano in piano i murales da
un lato e la città oltre i vetri ondulati – in alto ma come sotto il mare -
dall’altro)
Poi ci sono gli spazi
museali veri e propri, quelli a cui si accede solo se portatori di
braccialetto.
Ogni piano della collezione permanente apre ad percorso tematico: Simboli del potere, Porti del mondo e
comunicazioni (il Mas ha acquisito la collezione del museo del mare che era
all’interno del castello di Anversa), Città e case, Vita e morte.
Gli oggetti rappresentano luoghi e tempi diversissimi e gli allestimenti
sono di forte impatto emotivo e
scenografico.
Ad esempio, al quarto piano, il percorso dedicato ai simboli
del potere e del prestigio, comincia in uno
spazio circolare in cui schermi al plasma rimandano immagini del potere dell’ultimo
secolo, dalle facce di Kennedy e di Breznev, alle marce delle SS, alle riprese
documentarie delle guerre del Golfo, in un turbinio e sovrapporsi angosciante
di voci e rumori e immagini.
Tra i simboli del potere, la collezione espone anche i
braccialetti di conchiglia dei kula delle isole Trobriand.
Alla fine del percorso, ogni sala ha delle postazioni pc
dove è possibile fare ricerche e approfondimenti sugli oggetti esposti, una
libreria con testi specifici sul percorso fatto (ma anche libri illustrati o di favole per bambini annoiati ma diligenti) e
comodi divani.
E ancora degli spazi ludici: al piano dedicato ai porti e alla comunicazione, è possibile scrivere un messaggio e metterlo
in una bottiglia da lasciare, all’uscita, in grandi vasche contenenti sabbia.
Messaggi, ça va sans dire, tutti in neerlandese.
Questa è l’unica nota dolente.
La lingua.
Va bene che è un
museo della e per la città.
Va bene che i fiamminghi ci tengono assai alla propria specificità linguistica.
Però, cavolo, almeno in un museo così attraente anche per
chi viene da fuori, oltre ai depliant d’ingresso, si dovrebbe prevedere la
traduzione delle note che “spiegano” oggetti e allestimenti, non dico in tutte
le lingue, ma almeno in inglese, ecco.
Altrimenti vedi, guardi, fai ohhh, e non capisci manco alla lontana che
è.
Come capita di fronte a questa saletta, incastrata nel percorso sui porti, tra velieri
e carte nautiche.
Chissà che significato oscuro e ancestral-artistico ha il mare di Winnie Pooh. :) Certo che vista la descrizione, il Mas dev'essere talmente grande, che se ci fossero le note tradotte occorrerebbero i mesi per approfondire e guardare insieme. Anche se, almeno per le cose importanti, 'sti fiamminghi si sarebbero pure potuti sprecare un po'.
RispondiEliminaMi è oscuro è soprattutto il motivo per cui siano stati sistemati proprio in quel posto lì.
EliminaAh, ma c'erano scritte delle cose, eh.
In fiammingo appunto.
Tuttavia, per il mare di winnie più interessante è stato osservare gli osservatori :)
"lo sturbo da fallimento di ideali", questa frase mi ha commosso, perchè ho pensato a quanti ideali sono rinchiusi nei musei, mentre tu ce li racconti liberamente.
RispondiEliminaeh.
Elimina(in che senso "mentre"?)