Non ne capisco un cavolo di scacchi. Non ho la più pallida
idea di come si muovano i pezzi, di quali siano le mosse da fare, da prevedere,
di quali siano le regole del gioco: eppure la Novella degli scacchi di Stefan Zweig mi è garbata.
Gli scacchi, il gioco e la sfida, non sono che una metafora della visione del mondo di Zweig: sconfitta, o meglio ancora rinuncia, come quella che lo
stesso autore si apprestava a compiere nella vita reale: il suo ultimo racconto
prima del suicidio.
La prefazione di Daniele Del Giudice, da leggere rigorosamente
dopo, mette in evidenza chi si contrappone nelle partite a bordo della nave diretta in America: i "nemici" non sono tanto l’uomo rozzo
e con un solo talento, il campione degli scacchi che “monetarizza” la sua unica
abilità, simbolo del nuovo modello di umanità che la società del ‘900 impone, e il
signor B., avvocato , che ha scoperto il gioco degli scacchi durante la
segregazione ad opera della Gestapo, e lo ha trasformato in un procedimento mentale
atto alla sopravvivenza ma destinato a
diventare squilibrio.
I veri “antagonisti”, dice Del Giudice, sono Czentovič
e il narratore, ovvero la
voce e lo sguardo di Zweig, ancorato al modello di uomo “aristocratico” dell’800,
incapace di “considerare” l’uomo nuovo,
il nuovo cliente, ma al suo cospetto irrimediabilmente perdente.
“Mano a mano che il pedale della narrazione appoggia su una
metafora secca, quasi senza accorgercene scivoliamo da un conflitto a un altro:
l’opposizione non riguarda più due manie contrapposte, una naturale e l’altra
forzata, né la tragica resistenza spirituale contro il nazismo, bensì il
tramonto dell’anima aristocratica, sensibile tormentata costretta a soccombere
di fronte a un’intelligenza arrogante, selettiva e perciò “vincente”. E da qui
in poi cominciamo a tenere sempre più per Czentovič e un po’ meno per Zweig.”
Non ho alcuna particolare (anzi, alcuna senza particolare)
ammirazione per chi concentra tutto sull'abilità unica, e ne fa il perno della propria esistenza o dei propri sogni, e penso ad esempio a chi guadagna più dei passeggeri di un vagone della metropolitana messi insieme solo perchè sa menare la palla in una porta.
[Sono fuori moda
senza alcun appello]
In realtà mano a mano che il pedale ecceteraeccetera, non ho mai cominciato a tenere per il contadino russo.
E neanche per Zweig, che costringe il signor B. all'abbandono, scuotendolo dal delirio.
La mia simpatia è tutta per il signor B., al quale mi sarebbe piaciuto dare un’altra
possibilità, al di fuori del gioco e
delle regole.
Fuori dal gioco e dalle regole.
Fuori dal gioco e dalle regole.
La mia Novella degli scacchi è questa.
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