Si legge sulla quarta di copertina: "Paolo Zanotti è scomparso molto prima del suo tempo naturale. Fra i tanti inediti, brilla di una luce potente e gentile – com’era gentile e potente la prosa e la persona del suo autore – questo indescrivibile romanzo d’amore e di formazione, fra le poche vertiginose opere di fantasia che la letteratura dei nostri decenni abbia prodotto."
La questione dei romanzi pubblicati postumi mi lascia sempre un poco interdetta.
(penso allo scarabocchio di Queneau ripescato tra le carte e trasformato in libricino, Hazard e Fissile, tanto per dire).
Non è il caso de “Il testamento Disney”, che ha una forma compiuta e organica, anche se non riesco a fare a meno di pensare che forse l’autore avrebbe potuto modificarlo ancora.
E renderlo magari più ambizioso di quello che è.
Zanotti era un saggista, sul romanzo e sul romanzesco ne sapeva abbastanza.
E tanto ne sapeva su Calvino, sicuramente uno dei suoi riferimenti Primi.
Protagonista della storia è Paperoga, alias Simone.
E’ vicino alla trentennificazione, così come i suoi amici Eta Beta, Gastone, Paperetta e Pluto.
(i trenta anni sono la soglia del cataclima)
Sono tutti squattrinati, scumbinati, sognatori, e isolati.
(disadattati)
Costituiscono un gruppo, un Club, anzi, forse sarebbe meglio dire una setta, che vive lo spazio e il tempo secondo dei parametri totalmente surreali e bizzarri, e conserva i pensieri - nulla di soggettivo, asseriscono - sul Quaderno del futuro montaggio.
Pensieri così:
Dal Quaderno per il futuro montaggio:
Serialità. E’ stato un attimo, come un’illuminazione. Paperoga, inesorabilmente lagnoso, ha chiesto: “Perché non riusciamo ad andarcene da Genova?” “Perché la location costerebbe troppo”. ha risposto pronto Eta Beta. A questo punto come non capire che il Club è un serial? E’ l’unico modo per spiegare tutto. Domanda: perché Zenobia è scomparsa? Risposta: perché l’attrice che l’interpreta era scappata con Kabir Bedi. D.: Perché Paperoga non ingrassa mai? R.: per contratto. D.: come fa Eta Beta a non dormire? R.: lo fa quando non lo riprendono. E così via: Paperetta l’hanno fatta andare a Milano perché l’attrice era incinta: Pluto lo recita un uomo perché con un cane era troppo difficile. Eureka!
Vivono in una stunt-town, in una città controfigura della Genova che è lo sfondo reale in cui si ambienta il romanzo.
Il club attribuisce i nomi dei personaggio Disney a chiunque gli si pari dinanzi: una stunt-town popolata di qui quo qua, di basettoni, di gambadilegno, di papere e topastri.
L’ignoto – il mondo esterno - ridotto e ricondotto al vocabolario dei miti d’infanzia.
[e che piacere ritrovare Gualtiero, il raffreddore personale, comparso solo una volta in una indimenticabile storia di Paperino!]
I membri del Club Disney vivono in un’isola che non c’è - la loro stunt-town - , e in fondo sono tutti dei peter pan, che traccheggiano per non affrontare la realtà.
“Qual è la realtà? Cos’è la realtà?”
Eta Beta, il guru del gruppo, aspetta il gangarone, Pflip, e si accontenta di Pluto.
Sarebbe molto più facile orientarsi nel mondo se ci fosse il gangarone, che è capace di prevedere i pericoli e di accorgersi delle menzogne con il semplice fiuto.
Si potrebbe allora senza fatica districarsi nel mare untuoso delle leggende metropolitane, delle notizie riportate dai giornali , degli eldorado sommersi, delle apparizioni di Anna.
Si potrebbe crescere senza fatica e senza inganno.
Si potrebbe cogliere la vera natura di Ciccio.
Si potrebbe capire che fine ha fatto Anna.
Anna è l’oggetto della ricerca di Paperoga, una Zazà amata di un amore adolescenziale, sparita nel nulla, ricomparsa nelle vesti di una zingara che ruba un bambino al supermercato .
(ancora sulle leggende metropolitane)
Ma chi è veramente Anna?
“Non so ancora se sia veramente successo, né come sia potuto succedere, ma forse Anna è stata solo la prima di noi a passare dall’altra parte, a trovare la porta, a interrompere il proprio invecchiamento, a scegliere il mondo seriale dei fumetti dove niente si consuma: la candela la casa la bottiglia di latte. E probabilmente non manca nemmeno molto al momento in cui me la troverò davanti che mi fissa con occhi grandi e stellati da eroina di cartone giapponese. E, forse, sarà anche il momenti in cui mi chiederà di scegliere – io che mi ero sempre illuso di camminare sul confine – tra il mondo degli uomini e il suo.”
Il club l’ha nomata Zenobia.
Zenobia appare poche volte nei fumetti Disney: regina di uno staterello africano, trattiene un ambiguo rapporto sentimentale con Pippo.
Perché Zenobia, mi sono chiesta. E mi sono chiesta se Zenobia fosse davvero l’amore perduto, o nascondesse altro.
E mi è tornata in mente una de Le città invisibili di Calvino:
“… è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città , ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.”
E’ dal giardino misura-del-mondo, dal club, dallo straripamento del fantastico che conteneva la sua eterna giovinezza che Paperoga si allontana, finendo sotto i ponti, nella enorme discarica e nel cimitero di Staglieno, dentro gli incubi cattivi e dentro la realtà che è ancora più cattiva.
Ma se in Bambini Bonsai, il primo romanzo di Zanotti, il fantastico e il romanzesco, i bambini che “s’inventano dei riti attraverso gli sconvolgimenti” – come dice l’autore in un’intervista* - , sono al servizio di un’elegia dolce e malinconica del potere dell’immaginazione e del mondo dell’infanzia destinato a finire, in questo romanzo postumo il fantasioso suona di artificio, il gioco intellettualistico è fin troppo scoperto, il virtuosismo dell’invenzione fine a se stesso.
Bella letteratura che spiazza, ma non sedimenta né scalda.
(e neanche fa volare via sulle ali della leggerezza, della briosità, del sogno incantato)
* L'intervista https://www.youtube.com/watch?v=Cbi4MXY-IbE
Già.
RispondiEliminaPerfetta metafora dei nostri tempi.(Il terrore di invecchiare, o di crescere, le città-controfigura).
E Calvino. "Le città invisibili" sono l'unica sua opera che amo veramente, forse perché è la più "borgesiana", e puntualmente non riesco a trattarla mai.
Zanotti questo romanzo aveva deciso di non pubblicarlo più dopo Bambini bonsai, che proprio il Testamento avevano scientemente e fenogliamente saccheggiato durante la loro stesura.
RispondiEliminaIl mondo di chi gli sta vicino, editorialmente ma anche no, si divideva armonicamente in chi gli diceva che questo romanzo (che tanto a lungo aveva peregrinato sulle scrivanie delle maggiori case editrici italiane) prima o poi doveva essere pubblicato, perché era IL suo romanzo (assai più dei Bambini, cosa che sapeva anche lui), e chi gli diceva di andare avanti per altra strada.
Io ero tra coloro che gli suggerivano la prima ipotesi, Zanotti per il momento aveva scelto la seconda (ancora infanti puri, ancora variazioni sul tema di Peter: un libro su Kaspar Hauser).
Poi, è finita.