venerdì 8 agosto 2014

Hispanic trip: Pamplona (no, dis-grazie), Olite.(5)

Se si va in Spagna allora si va nel periodo della festa di San Firmino e si visita Pamplona (mannaggia a Hemingway!).
Eh, vai a programmare. 
Il giorno destinato a tale visita,  pronti ad andare poco dopo l'alba,  succede  che  la ruota della macchina è  completamente a terra.
(mannaggia il fuosso di ieri notte!)
L’auto è una di quelle la cui casa produttrice non dà manco  il ruotino  in dotazione,  bensì un   kit di gonfiaggio  che garantisce  la tenuta della ruota bucata per  massimo 80 chilometri di percorrenza. 
Un’ora di decodifica delle istruzioni, un'ora per eseguire il gonfiaggio. 
Altro che 80 chilometri: il taglio è una  sguarrata,  e   il  liquido del  gonfiaggio già dopo tre metri lascia la bava sull’asfalto. 
Meno male che appena fuori dal paesello ci sta il gommista. 
C’è il  gommista , ma non la ruota, che deve   arrivare da Pamplona. 
Naturalmente,  causa festa di San Fermin ( traffico,  deviazioni, divieti)  la ruota per arrivare ci impiega una giornata intera.
(l’anno prossimo nel bagagliaio al posto  delle valige ci metteremo la ruota di scorta)
Dunque, invece dell’immersione nella ressa bianco rossa dei sanfermines  (nei fiumi di vomito e immondizia, come dicono quasi sollevati i cordiali e gentilissimi gestori dell’albergo che ci ospita: Non è Pamplona, è una città diversa  -  Hemingway, mannaggiaattè!  ), si trascorre l’intera giornata  a bighellonare  a Villafranca di Navarra, avanti e indietro, tre volte il giro della chiesa; delle  2800 anime registrate all’anagrafe ne  vedo forse  una trentina, tra cui  ’o nonno, che come con  dei nipoti carissimi, si ferma  a parlare (trattenendo proprio la spalla con la mano), a raccontare:  dice  di quanto era bello il paesaggio dalla chiesa prima che costruissero le cinque casette che impediscono di guardare senza ostacoli la piana. 
In catalano. 
Tú entiendes?
(eh, insomma)
I nonnini sono sempre cari, anche quando non li si capisce. 
Dunque niente Pamplona (e neanche il piano  B,  elaborato al momento  della terribile scoperta ed effettuabile in mezza giornata). 
La riconsegna della macchina alle 18,30 obbliga ad una riduzione drastica degli spostamenti. 

Olite palazzo reale
Olite
Olite, il palazzo reale. 
Di un castello così i francesi ne farebbero cartoline a morire.  
Le  torri con le azzurre punte coniche,  le finestre che offrono prospettive  quasi labirintiche dello stesso complesso,  creano un’atmosfera fiabesca.  
E anche la vertiginosa scala a chiocciola con 132 scalini che conduce alla Grande Torre. 
[Ci sarà barbablù, in cima alla torre?]
Il palazzo, residenza prediletta di alcuni re di Navarra, una delle più lussuose dimore reali dell’’Europa tardo medioevale ( diventato poi  fortezza, avamposto militare, sede di governatori, incendiato e semidistrutto all’inizio del 1800), è stato oggetto di  imponenti opere di restauro integrativo, eppure non si ha la sensazione del  falso, del posticcio.

[Da una delle finestre della Torre dei  Quattro venti, guardo la piana fino all’orizzonte. 
Forse compariranno i cavalli, e le carovane dei pellegrini che hanno deviato il cammino di Santiago per fermarsi qui]

“Cerramos, cerramos” – la voce decisa della signorina che invita ad uscire mi distoglie dalle fantasticherie.  
Cazz, non riesco a trovare l’uscita. 
Salida, penso  sia la salita, prendo la direzione opposta. 
La signorina mi  ritrova. 
(tentativo di ammacchiarsi  nel palazzo: fallito)


La cittadina di Olite è molto graziosa. I vicoletti medievali, il chiostro antistante la chiesa di Santa Maria la Real, coi bambini che si arrampicano e fanno nascondino tra le colonne, l’accogliente piazza Re Carlo, la quiete rumorosa invitano a restare,  almeno per un po’. 
  
Ogni impedimento è giovamento, diceva la nonna mia. 
Forse è stato un bene saltare Pamplona.
(ma anche no, uffa) 
Andando verso la costa basca, la si vede  dall’autostrada. 
(è una città enorme)
Al casello, subito dopo il pagamento,  nuovo  stop. 
Una barriera di militi forniti di pistola, etilometro  e sacca piena di boccagli monouso,  accerta il tasso etilico di tutti  (proprio di tutti) i conducenti delle vetture che hanno passato il casello.  
Alle 10 del mattino.
Vabbuò, sarà  (forse) per un’altra volta. 

Ora è tempo di Euskadi.



Le altre tappe: 
8: Albi e Carcassonne



1 commento:

  1. Ma com'è bello seguirti! Grazie alla ruota (o alla mancanza di ruota) di scorta con te scopro un mondo di città e castelli mai sentiti. Mi sa che l'anno prossimo, insieme alla ruota, nel tuo portabagagli mi ci infilo anch'io!

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