A ritroso.
Il ritorno è segnato dalla desolazione, da una vertigine dolorosa.
Bruttezza senza appello connota il coacervo urbanistico che si addensa attorno alla mia città, appena imboccato l’asse mediano, dopo l’autostrada.
Sin da Afragòla.
( 'a fràgola, che frutto delizioso. Quanto cambia un accento!)
Eppure stando altrove mi sperticavo in lodi, cantavo alleluia per il caos creativo, per la meraviglia che assale sbirciando tra un vicolo e un altro, per la sorpresa continua: un portale trionfale nel mezzo di un anonimo muro di cinta, i miliardi di balconcini tutti differenti, le tettoie, i mezzanini, i muri sgarrupati e quelli acchittati uno a fianco all’altro, una scala dove ci si aspetta il piano, il mare che si affaccia tra le quinte dei palazzi o dirompe dalle terrazze e dagli slarghi, e le due corna - i due seni, le due onde - del Vesuvio che dorme.
Ma quello è il centro, il cuore di un enorme corpo metropolitano lebbroso e tumefatto: più si e lontani dal cuore più l'occhio pare che non veda [soprattutto l’occhio della politica]; più si è lontani dal cuore (da casa) più si tende ad esaltare il bello e a nascondere il resto.
Dell'altrove da cui torno, la bellezza è nei piccoli borghi immersi nel verde, accoccolati tra fiumi e monti o sdraiati sul bordo dell'oceano: per scelta nessuna grande città .
"Ma quando torniamo? Sono tutti uguali questi posti" - voce di adolescente zavorra commenta le cittadine bretoni.
Breizh, Bretagna.
La distanza e variegati fattori hanno imposto altre tappe oltre quelle bretoni: in Italia e in Germania, oltre che nel mezzo della Francia.
Distanza, non solo chilometrica.
Forse questa è la parola chiave di tutto in viaggio, e il suo controcanto è identità.
"Ni français ni breton, malouin suis!".
Né francese né bretone, io sono di Saint-Malo, è il motto degli abitanti della città corsara.
I bretoni sono francesi ma in modo diverso dai parigini – tralasciando le differenze tra bretoni e bretoni - , i tirolesi sono italiani o austriaci in modo relativo, europei chissà. E io?
Mi compiacevo nel dirmi cittadina del mondo. Lo sono, certo, sempre.
Ma sono soprattutto partenopea. Sento i greci, i latini, tutto il Mediterraneo nel mio suk interiore.
E sono naturalmente italiana. E ovviamente sono europea.
[Sono soprattutto partenopea?]
Allineare tutti gli aggettivi di “nazionalità” sullo stesso piano è da paraculi, e forse non corrisponde alla verità.
Non so più in quale ordine disporre le parole.
23 giorni in viaggio.
Da Napoli a Tubinga passando per l’Austria, poi la Bretagna, il ritorno attraverso il traforo del Frejus, la sosta a Torino.
Si parte.
L’arrivo a Fortezza, Bolzano.
Aria fresca, frizzantella (da 30° a 22° c’è da rallegrarsi, in modo progressivo già dall’autostrada), montagne altissime, pareti di alberi che ingoiano campanili a punta, silenzio.
L’albergo con adiacente ristorante-birreria in cui riposiamo le affaticate membra e nutriamo la vuota panza è carinissimo e non carissimo.
La storia locale, che annovera una gloriosa battaglia vinta dai tirolesi a colpi di sasso contro i francesi , è rievocata in modo caricaturale e simpatico dal tratto di un pubblicitario in gamba ed è il segno distintivo della birreria.
(Buona la birra, buonissimo il liquore alla birra)
E’ una sosta tecnica ma sufficiente a confermare che potrei anche diventare tirolese (alla faccia dell’identità e del io sono).
Mi piace molto il dirndl, anche quello che indossa la proprietaria dell’albergo.
Dovrei imparare il tedesco però.
L’italiano è parlato poco (e maluccio).
Al mattino oltrepassiamo il confine.
Il fresco diventa quasi freddo, il sole scompare dietro grigi nuvoloni e i deliziosi laghi alpini sono avvolti da una bruma quasi autunnale, così come i paesi dalle case con le facciate dipinte.
La pioggia accompagna il lento viaggio: alla faccia delle italiche lamentele, le strade e autostrade austriache sono un cantiere aperto, il traffico segue l’andamento della pioggia: a tratti senza, a tratti a mappate.
Sette ore per percorrere 400 km (!) e si arriva a Tübingen, città universitaria ad una trentina di chilometri da Stoccarda e ai margini della Schwarzwald, la foresta nera.
Di giorno Tubinga è una città vivace, piena di giovani, multietnica e colorata.
Sono giovani anche le mamme. Giovanissime le coppie con tre o quattro figli piccini.
Di notte Tubinga si svuota. Nel centro storico non c’è anima viva.
Gli studenti fanno le ore piccole negli studentati, i WHO, che sono in gran parte decentrati, in collina.
(casermoni stile Policlinico nuovo)
E’ una città molto carina, con le case a graticcio e piena di fiori, – mannaggia sul mio balcone non cresce manco il basilico, e sul Neckar scivolano placide le gondole sveve, gli Stocherkähne.
Su una gondola abbardata con fiocchi rosa dieci ragazze, tutte con occhiali rosa, ridono e bevono. Addio al nubilato? Compleanno? Gravidanza?
Non saprò mai com’è Tubinga vista dal fiume, da uno Stocherkahn.
Ora c’è il sole, dopo mezzora il diluvio e il giro sulla gondola è andato.
Mi consolo con un pasto svevo.
Spatzle - che assomigliano a pasta fatta in casa con del formaggio sopra - e Maultaschen - che assomigliano a dei ravioli giganti.
[non sia mai dire tedeschi e non svevi gli spatzle e i maultaschen!]
E birra, naturalmente.
Però ho sfoderato un tempismo perfetto nella salita sulla torre della Stiftskirche, la chiesa evangelica che si affaccia sulla piazza del mercato. Orecchio in perfetto asse con la cassa di risonanza delle campane allo scoccare del mezzogiorno, rintronamento totale aggiunto alle vertigini per la stretta e ripida scala a chiocciola.
A qualche chilometro, raggiungibile per gli ardimentosi attraverso i boschi, c’è Bebenhausen, un microscopico e incantevole villaggio (svevo per la precisione, tale perché si parla ancora il dialetto svevo che è differente dal tedesco) dominato da un’abbazia cistercense che dopo la riforma protestante venne adibita ad altre funzioni, tra cui quella di residenza di caccia dei re.
Il pulpito mi impressiona per la sua esuberante pacchianeria.
A qualche decina di chilometri, domina la località Honau il castello di Lichtenstein, che con l’omonimo staterello ha in comune solo il nome.
Del nucleo originario del XII secolo non c’è cippa.
E’ una costruzione neogotica, di proprietà privata (ci abitano!) ma visitabile.
Un nido d’aquila, piantato a strapiombo sulla montagna.
Mi sa di posticcio, di finto. Sarà anche a causa della impalcatura che avvolge la torre e mette in evidenza il modus operandi dei restauratori: ricostruzione.
Tuttavia vale la pena arrivarci anche solo per passeggiare nei boschi attorno al castello, e gettare lo sguardo sui paesini che si distendono nella vallata.
Gratuitamente, escludendo il parcheggio, senza orari e prenotazioni.
Tubinga è a sud di Stoccarda.
Nessuna visita della città – la memoria del traffico bestiale all’arrivo a Tubinga, peggio che sulla tangenziale di Napoli durante un nubifragio prenatalizio, è fattore demotivante.
Però il museo della Mercedes-Benz non è proprio al centro, ha il parcheggio, e allora si fa eccezione.
Dal punto di vista architettonico e museografico è straordinario, ma non è un museo dell’automobile, e dopo sei piani (che ascensore megagalattico per la salita! Che rampe scenografiche per la discesa!) di Mercedes e Benz, dai protomotori alle auto ipertecnologiche mostrate in tutte le salse, – persino come carro funebre – la noia divampa, sembra di essere in un infinito spot pubblicitario.
Il mio interesse si concentra più sulla ricostruzione del contesto storico attraverso foto e pannelli esposti sulla pareti delle rampe che collegano ogni piano – anche se alcune scelte dei momenti più significativi della storia, soprattutto quella recente, sono discutibili – che sulle luccicanti vetture.
Il mio interesse si concentra più sulla ricostruzione del contesto storico attraverso foto e pannelli esposti sulla pareti delle rampe che collegano ogni piano – anche se alcune scelte dei momenti più significativi della storia, soprattutto quella recente, sono discutibili – che sulle luccicanti vetture.
Però quanta gente ci lavora.
[perché penso all’Italsider e allo sconcico che ne resta?]
Armi bagagli e altro membro dell’equipaggio recuperato, il viaggio prosegue nel cuore della foresta nera.
Schiltach, Triberg, Gengenbach.
I link
Birreria Ah Fortezza Bolzano
WHO Studentati in Tubingen
Bebenhausen Sito ufficiale del monastero e castello.
Castello di Lichtenstein Sito ufficale.
Museo Mercedes-Benz Sito ufficiale. Non è indicato il costo del biglietto, che è di 10 euro, incluso gadget, ovvero il laccetto delle audioguide, regalato ai visitatori al momento della restituzione degli apparecchi.
Le tappe successive:
Foresta Nera : Breizh con parentesi. (2) Schwarzwald: Schiltach, Triberg, Gengenbach.
Mont Saint Michel : Breizh con parentesi. (3) Sainte-Menehould, Mont-Saint-Michel, Mont-Dol.
Saint-Malo e dintorni: Breizh con parentesi (4). Saint-Malo, Dinan, Cancale, Cap Frèle
Douarnenez, Concarnerau, Pont-Aven: Breizh con parentesi (5). Finistére
Vannes, Paimpont : Breizh con parentesi (6). Morbihan: Vannes, Brocéliande, Guéhenno, Sarzeau
I link
Birreria Ah Fortezza Bolzano
WHO Studentati in Tubingen
Bebenhausen Sito ufficiale del monastero e castello.
Castello di Lichtenstein Sito ufficale.
Museo Mercedes-Benz Sito ufficiale. Non è indicato il costo del biglietto, che è di 10 euro, incluso gadget, ovvero il laccetto delle audioguide, regalato ai visitatori al momento della restituzione degli apparecchi.
Le tappe successive:
Foresta Nera : Breizh con parentesi. (2) Schwarzwald: Schiltach, Triberg, Gengenbach.
Mont Saint Michel : Breizh con parentesi. (3) Sainte-Menehould, Mont-Saint-Michel, Mont-Dol.
Saint-Malo e dintorni: Breizh con parentesi (4). Saint-Malo, Dinan, Cancale, Cap Frèle
Douarnenez, Concarnerau, Pont-Aven: Breizh con parentesi (5). Finistére
Vannes, Paimpont : Breizh con parentesi (6). Morbihan: Vannes, Brocéliande, Guéhenno, Sarzeau
Ormai sei una professionista! Bello, interessante, divertente. E in fondo anche i link!!! Sei per sempre The Best! :D
RispondiEliminaTu sei sempre Luce :)
Elimina(i link casomai a qualcuno prudessero le corna di andare... :D)
Veramente belli i tuoi reportage, così veloci ma sempre "pieni di racconto".
RispondiEliminaConosco i luoghi e ci vorrei tornare. Ti assicuro che anch'io, anni fa, trovai tutto splendente&ridente, altro che Foresta nera! Probabilmente è una delle poche zone favorite da un clima sorridente.
Anche io vorrei tornare nei luoghi in cui sono già stata, poi penso che il mondo è enorme, ed ho ancora così tante cose nuove da vedere... :)
EliminaQua dovrei raccontarti di quando, un paio di settimane fa, nel cuore dell'Alto Adige dico al coniuge: Che bello se anche in Italia ci fosse un locale simile! E il coniuge, alzando gli occhi il cielo, mi ricorda che noi siamo in Italia. Ma siccome di queste cose parlerò in un post che pare non voler più finire, continuo a leggere le altre puntate del tuo reportage e penso ai prossimi viaggi.
RispondiElimina;)))
Elimina[potresti farlo a puntate anche tu, il racconto della tua vacanza in Alto Adige]