domenica 21 luglio 2019

Amsterdam: quattro giorni e cinque note. Micropia e oltre.

Dalla marineria alla pipa, dalla borsa ai microbi, dai gatti alla cannabis. 
Ad Amsterdam ci sono 75 musei, più di 40 sono visitabili gratuitamente con la I Amsterdam City card. 
La scelta è guidata da tre assiomi: varietà (e però che due palle sorbirsi processioni di quadri), localizzazione (un’ora per andare, un’ora per tornare ed è finita la mattinata)  interesse (il museo della bibbia???? Ma per carità.)

Tra i prescelti (i favoriti, gli eletti) il più sorprendente, affabulante, seducente è stato Micropia.

[i musei scientifici sono sempre avanti]. 
Numero totale di visitatori in due ore e trenta minuti: cinque.

Una fortuna per me, un peccato per chi non l’ha scelto.

Nessuna audioguida, tutte le informazioni sono in inglese e in olandese, ma il museo può contare sull’allestimento soprattutto visuale e sullo spirito di abnegazione di una collaboratrice che a gesti, in uno spagnolo elementare, e poco ci mancava che usasse pure i segnali di fumo, mi ha accompagnata passo passo per quasi tutto il primo piano, dopo aver scoperto la provienenza  e aver intuito la limitata capacità di comprensione di idiomi diversi dall’italiano.
(non tutti gli olandesi sono algidi)
Il piano inferiore è riservato al peso degli invisibili nel quotidiano.
Una sedia costruita con i funghi, uaaaaaa. 
E chi mai avrebbe immaginato che i funghi possano essere trasformati in un materiale simil/legno, resistente, impermeabile,  ignifugo, ecologico? 
(e un domani  si potranno costruire interi condomini)
Per non dire degli armadietti – spiazzanti assai – che contengono i segni/effetti/rimedi legati ai cattivissimi virus, quelli responsabili delle terribili malattie, dall’ebola all’aids. 
[Apri l’armadietto su cui è piazzato il virus HIV e ci trovi tante banane – sì, banane – accuratamente protette da preservativi colorati. Ho impiegato alcuni secondi a capire il nesso. Sono tonta.]
Non ho zompato nessuna postazione e nessun microscopio, e alla fine di tutta la giostra ho pensato che nella prossima vita, oltre a fare l’idraulico, non sarebbe per niente male studiare microbiologia, e che gli appassionati di scienze potrebbero esser colti da una parasindrome di Stendhal visitando il museo.

Oltre Micropia, immaginando di dover indicare solo un altro museo dove mi piacerebbe ritornare, scelgo l’ Het Grachtenhuis, il museo dei canali.

E ’il (e in un) bellissimo palazzo  situato sull’ Herengracht, il “Canale dei signori”.
Il museo racconta la storia urbanistica della città di Amsterdam, il modo in cui si è sviluppata e le modalità di costruzione degli edifici.

La prima parte della visita si fa con l’ausilio di  un’audioguida (che in alcune situazioni ostenta una traduzione in italiano venato da diversi e riconoscibilissimi accenti, siciliano milanese pugliese romano, davvero esilarante) attraverso un percorso in cui  i progetti, il lavoro, la vita sono esplicitati da ologrammi, proiezioni, visori interattivi, plastici.

C’è uno spazio, una stanza vuota, sulle cui pareti è disegnato con linee luminose lo skyline del canale, con tutte le facciate dei palazzi che lo dominano, e attraverso veri e propri buchi della serratura si possono vedere gli interni, o altre immagini evocative. 
Una figata.  
Dopo, naturalmente, si può continuare la visita nelle stanze originali del palazzo, osservando documenti, quadri, arredi. ( questa parte è arronzabile, ed io l’ho arronzata alla grande)

Non c’è tempo di dire degli altri, sono le cinque e stanno chiudendo. 
Ora si deve bere birra e cazzeggiare. Alè.



Prima nota:
  Il Museo Van Gogh

Seconda nota:
  Il tempo e la I Amsterdam city card 

Quarta nota:
birra, formaggio, fiori e biciclette.

Quinta nota:
case, vicoli, canali e palazzi.

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