In origine sarebbe dovuto essere un viaggio di 22 giorni, in auto us usually, da casa attraversando gli Appennini e le Alpi orientali e la Slovenia e l’Ungheria fino ai monasteri della Bucovina, e poi a sud in Transilvania, e ancora fino a Bucarest e dintorni e dietro front.
Poi si è assottigliato a 15 giorni, sacrificando la parte settentrionale della Romania e allungando i km tra tappa e tappa.
Poi si è prosciugato ad una secca settimana, e allora la macchina baldo ronzinante viene destinata allo stallaggio, e l’aereo – per mare e per cielo non ci stanno taverne – diventa l’unico mezzo per poter almeno vederne un pezzettino, di Romania.
(e pioggia e accidenti febbreschi ridurranno ancora di più la già striminzita vacanza)
Ho da poco scoperto una figata pazzesca: fare tracking di ogni volo in tempo reale.*
Gli aeroplanini si muovono sulla carta geografica. Li si può vedere dal momento del decollo fino all'atterraggio, e seguire in diretta la rotta.
Quanti ne passano sulle nostre teste! E' impressionante.
Autobus del cielo.
Ma quando l’aereo lo si prende ogni morte di papa, lo stato immotivato di ansia porta ad anticiparsi così tanto da rendere inutile il check-in on line, lo stipo in 40X55X20 di tutto ciò che si vuole portare appresso, il costo del priority,
Inganno il tempo nel non luogo dell’aeroporto, oltre il varco dei controlli, osservando profumi occhiali orologi borse transnazionali e souvenir locali, cibi caldi freddi bevande ghiacciate fumanti e valigie trolley borsoni zaini e sandali piedi veloci lenti vestiti sgargianti minigonne chador cravatte canottiere e passeggini marsupi e teste rasate capelli cotonati tatuaggi, captando lingue tante diverse, che si mescolano in un potpourri ammaliante.
Il lusso di chi non è abituato a prendere l’autobus del cielo.
Meno di due ore di volo, in un lampo l’aereo sorpassa lo stivale e l’Adriatico, e punta ad est, nella terra di Dracula e dei vampiri.
(ma l’unico vero vampiro, al di là della letteratura e delle leggende, si chiamava Nicolae Ceaușescu).
Il controllo documenti all’aeroporto di Bucarest è meticoloso.
Il milite sigillato nel gabbiotto guarda me, poi guarda la carta d’identità. Mi osserva, mi fissa, mi squadra.
Passaport, mi dice.
E mica ce l’ho, non basta la carta d’identità? Dopo aver aperto, chiuso, riaperto, chiuso e riaperto il documento, guardato, scrutato, analizzato la mia faccia, mi dice ciao.
E cià. Avrò la faccia di terrorista.
(ha fatto fare la fila dietro di me)
Di corsa verso l’ufficio di noleggio auto per ritirare la vettura prenotata mesi prima dall’Italia.
Credevo – comune radice neolatina e alto tasso di emigrazione – che la lingua di Dante fosse parlata da qualcuno in Romania, speravo di evitare lo sforzo di esprimermi nel mio arruginito inglese di sussistenza.
Invece, manco per niente.
Tracciando disegni nell’aria con le mani, roteando occhi e mulinando where is and can I a capadicazz, senza comprendere nella stragrande maggioranza delle volte una beata minchia delle risposte, arrivo a quagliare la consegna della vettura, prezioso e carissimo sostituto del fido ronzinante – il rent a car è esperienza novella, tremila ricerche per avere una garanzia di serietà, al costo doppio di ogni pernottamento.
Tracciando disegni nell’aria con le mani, roteando occhi e mulinando where is and can I a capadicazz, senza comprendere nella stragrande maggioranza delle volte una beata minchia delle risposte, arrivo a quagliare la consegna della vettura, prezioso e carissimo sostituto del fido ronzinante – il rent a car è esperienza novella, tremila ricerche per avere una garanzia di serietà, al costo doppio di ogni pernottamento.
Un’immacolata Renault Clio (202 euro per quattro giorni e franchigia di 500) con la quale si percorrerà la Transfagarasan, il motivo primo del viaggio.
[- "Voglio percorrere la Transfagarasan."
- "E che è?"
- "Una strada tutta tornanti che attraversa i Carpazi"
- "E perchè?"
- "Perchè sì. E poi visitiamo la Romania"]
[- "Voglio percorrere la Transfagarasan."
- "E che è?"
- "Una strada tutta tornanti che attraversa i Carpazi"
- "E perchè?"
- "Perchè sì. E poi visitiamo la Romania"]
Tappa pernottamento per affrontare di buon mattino la strada definita la più bella del mondo, Corbeni, a circa 180 km dalla capitale rumena.
Già a pochi chilometri dall’aeroporto il paesaggio cambia, si trasforma da urbano a rurale. Si incrociano carretti trainati da cavalli; pecore e capre brucano ai margini della strada.
Ci sono pagliai nei cortili e nei campi: una struttura di legno circolare su cui si ammonticchia il fieno.
Un odore assordante di funghi.
Le case basse, allineate lungo la carreggiata, pure se sgarrupate, hanno velleità estetiche nelle finestre ad archi trilobati: hanno qualcosa di ecclesiastico.
Di tanto in tanto sul ciglio s’incontrano delle edicole, o forse è meglio dire delle cappelle [chiese miniaturizzate], con tanto di cancelletto, finestre e dipinti sulle pareti. Dentro lumini, fiori, icone e anche foto di persone.
Forse defunti, forse miracolati.
Il tramonto nei cieli dell’est è struggente.
Il risveglio nella pensiunea è dettato dal sorgere del sole – non solo non si usano le persiane, ma neanche le tende coprenti, e cazz, alle 5 del mattino il raggio mi trafigge l’occhio chiuso – e da belati e suono di campanacci.
Un gregge passa dall’altra parte del fiume: sono pecore rosa! Il vello è rosa, rossastro, brunito.
[le hanno pittate per distinguerle dalle pecore di un altro gregge? Ma che senso ha fare la tintura integrale? Sarebbe bastato uno spiringuacchio sul groppone]
Un gregge passa dall’altra parte del fiume: sono pecore rosa! Il vello è rosa, rossastro, brunito.
La strada DN7C attraversa una parte dei Carpazi, seguendo un tortuoso disegno, ed è percorribile interamente solo per pochi mesi all’anno, in estate.
E’ un’altra opera titanica voluta da Nicolae Ceaușescu per motivi di ordine militare.
Mi chiedo a quale utilità tattica pensasse il dittatore. E’ una strada che si percorre con grande lentezza.
Cascatelle solcano le pareti rocciose e s’incuneano tra i fitti boschi.
Si salta, per ragioni imperscrutabili [1400 scalini per andare a vedere due pietre?], la cetatea poienari, ovvero il vero castello di Vlad l’impalatore, che è in rovina.
Una statua metallica, un Prometeo con un fulmine teso tra le mani alzate, domina l’area.
[a me sembra più un transformers o gig robot che un prometeo]
Una breve passeggiata a piedi.
L’edificio della centrale idroelettrica ha delle porte a specchio. Mi viene lo schiribizzo di fare una foto nello specchio che riflette il paesaggio e me. Spunta un uomo in divisa (Funzionario? Milite? Guardia?) che mi dice di no.
Voltare spalle e guardare il lago, prego.
[si vede da un miglio di distanza che ho l’occhio coi raggi X].
Il punto più alto della Transfagarasan è a oltre 2000 metri di altitudine, tangente il lago glaciale Balea.
Una bruma avvolge l’area di parcheggio e le bancarelle che vendono carnati – squisite salsicce - , spighe arrostite o bollite, palle di polenta avvolte in carta argentata e scaldate sulla griglia, marmellate, conserve, dolci e terrificanti souvenir draculeschi.
Le nuvole pesano sullo specchio d’acqua.
Fa molto freddo.
Sembra di essere in Norvegia.
Quando il sole riesce a filtrare attraverso la coltre nebulosa, la luce accende di colori sgargianti e di spettacolari riflessi il paesaggio.
E’ ipnotico, incantevole.
C’è un punto panoramico, su cui si erge un padiglione a vetri.
E’ in una “proprietà privata”, per cui l’accesso è a pagamento.
Dai piedi della scalinata di rocce e cemento sembrava una chiesa.
Dentro animali impagliati, souvenir, cazzatelle e un calore soffocante.
E’ da questo punto che si può osservare la serpentina di tornanti che ha generato la fama “iconografica” della Transfagarasan.
Non c’è possibilità di far vagare libero lo sguardo oltre lo stretto spazio della vetrata.
In mancanza di droni, mi accontento di fare delle foto azzeccando l’obiettivo al vetro, a come viene.
Per fortuna la bellezza della Transfagarasan e dei monti che la strada attraversa non è in questo fermo immagine.
Ritorno all’aperto, voltando le spalle alla serpentina e affogandolo sulle pareti rocciose che racchiudono il lago.
Ritorno all’aperto, voltando le spalle alla serpentina e affogandolo sulle pareti rocciose che racchiudono il lago.
Greggi di pecore brucano su crinali verticali.
Mi chiedo come facciano i pastori a seguirle.
Dal lago Balea è tutta discesa, e si arriva ad una pianura che più piatta non si può.
Rimpiango subito la maestosità, l’imponenza, la freschezza, la multiformità dei monti Făgăraş (così si chiamano queste alture dei Carpazi., e per questo la strada si chiama Transfagarasan).
Dalla natura alla cultura.
Si va a Sibiu.
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Il seguito del viaggio:
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (2)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (3)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (4)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (5)
Il seguito del viaggio:
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (2)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (3)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (4)
Transfarasan, Transilvania, Trans-Romania (5)
Bello e interessante come sempre. E che ne sapevo io della Transfagarasan! Grazie :D
RispondiEliminaPer una che ha letto Dracula pochi mesi fa, alla tenera età di 42 anni, questo viaggio è una roba pazzesca.
RispondiEliminaQuesta sera mi sparo le altre tappe.